La stella dei Magi


Alcuni magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “dov’è il re dei giudei che è nato? Abbiamo visto
sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. (Mt 2,1-2)

E’ l’evangelista Matteo che, nel suo racconto, menziona questi misteriosi personaggi, i magi, che si sarebbero messi in cammino dall’oriente seguendo una stella.

Come sappiamo solo due dei quattro vangeli canonici raccontano la nascita di Gesù: L’ evangelista Marco comincia il suo scritto con la predicazione del Battista e il battesimo del Signore; Giovanni ci regala gli splendidi versi poetici del suo prologo, mirabile sintesi teologica del grande mistero dell’incarnazione del Verbo eterno, della sua kenosi.

Sono, quindi, Matteo e Luca gli evangelisti che ci regalano il racconto degli avvenimenti relativi alla nascita di Gesù, le informazioni sul suo concepimento miracoloso, sui suoi genitori, sui luoghi e sui tempi, e di questi, Luca tace ompletamente sulla presenza dei magi e della stella.

I magi nel Vangelo di Matteo

Ma allora, chi erano i magi e cos’era la stella che li avrebbe guidati fino a Betlemme?

L’evangelista Matteo ci dice davvero poco, certamente non ci dice che i magi erano tre, né afferma che erano re, né tantomeno fa i loro nomi, parla in maniera generica di “magi” e ci indica la loro provenienza, l’oriente, un’indicazione certamente troppo imprecisa per delineare meglio la loro figura.

Una cosa è certa: i magi, nel loro viaggio attraverso i secoli, hanno avuto una fortuna inversamente proporzionale al breve e scarno episodio di cui sono protagonisti nel Nuovo Testamento, diventando personaggi fondamentali in ogni presepe che si rispetti!

In realtà sono molti gli studiosi che hanno mosso obiezioni riguardo alla reale esistenza dei magi, e della stella che li avrebbe guidati, affermando che l’evangelista Matteo li abbia inseriti nella sua narrazione come un artificio letterario a scopo didattico: dimostrare che la divinità di Gesù era stata riconosciuta presso tutti i popoli della terra già dalla sua nascita, avvenimento accompagnato da un evento astronomico di rilievo: la stella.

La loro teoria trova forza nel fatto che tra i vangeli canonici l’unico a citarli è appunto Matteo, se allarghiamo però il nostro sguardo agli apocrifi sono altri quattro i testi che li citano: tre di questi, il Vangelo arabo siriaco, il Vangelo armeno dell’infanzia e il vangelo dello Pseudo-Matteo, sono effettivamente testi tardivi (dal V secolo in poi) e sono arricchiti da tanti particolari tradizionali e devozionali.

Invece l’altro testo che li menziona, parlando anche di una stella grandissima che brillava tanto più delle altre e le oscurava, è il Protovangelo di Giacomo, scritto solo pochi decenni dopo il testo di Matteo. Molti studiosi invece propendono per la reale esistenza di queste figure così misteriose e per avvallare la loro tesi partono proprio dal termine “magi”, in greco “magoi”.

I magi sacerdoti Medi

I magi erano infatti una casta sacerdotale del popolo dei Medi, antico popolo iranico stanziato in gran parte dell’odierno Iraq, ben conosciuta nell’antichità.

Molti secoli prima della stesura del vangelo di Matteo, già lo storico greco Erodoto li menziona come sacerdoti della religione mazdea, il cui culto fu fondato tra il VII e il VI secolo a.C. da Zarathustra o Zoroastro: essi erano monoteisti e credevano nel dio unico Ahura Mazda, erano dediti allo studio dell’astronomia e dell’astrologia (all’epoca le due discipline non erano separata), e interpretavano i sogni come attestato da numerose fonti storiche.

Tra l’altro nel loro credo, che è stato ricostruito dagli storici a partire dallo studio dell’Avesta, il loro testo sacro, si parla di una strana figura, un Soccorritore, un Messia, che sarebbe dovuto nascere annunciato da una stella e il cui destino sarebbe stato quello di salvare il mondo.

Tenendo conto dunque di questi dati storici, sarebbe plausibile credere che questi saggi e sapienti sacerdoti, in quanto astronomi, si siano messi in viaggio seguendo un particolare fenomeno astronomico, a noi noto come “la stella”.

La stella non è una cometa

La stella, che noi siamo portati ad identificare con una cometa, è di certo un elemento che da sempre ha colpito la fantasia popolare, diventando uno dei simboli principali del Natale.

Come abbiamo però avuto modo già di affermare, sia Matteo, sia i testi apocrifi, parlano in maniera generica di una stella, non fanno riferimento ad una cometa, né ad una fantomatica coda. Allora da dove deriva l’associazione di questo astro con una cometa?

Oggi gli studiosi sono concordi nel ritenere che questa associazione tra la stella e una cometa sia nata nel Medioevo, e sia riconducibile all’affresco “l’adorazione dei magi”, dipinto dal grandissimo pittore Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

L’artista aveva assistito infatti, nel 1301, al passaggio della cometa di Halley, rimanendo così colpito che quando dovette dipingere la stella della natività sulla capanna, nel 1303, rappresentò il fenomeno astronomico da lui stesso osservato.

Tra l’altro l’assenza di una “stella con la coda” al momento della nascita di Cristo ormai è un dato acquisito anche dalla scienza.

L’enigma della stella

Secondo gli scienziati, che si sono avvalsi di complessi calcoli matematici, nessuna cometa con periodo di rivoluzione breve, tra cui anche la cometa di Halley, è stata visibile ad occhio nudo nel periodo in cui è collocata la nascita di Gesù.

Qualche studioso a questo punto ha anche ipotizzato che potesse trattarsi di una cometa con periodo di rivoluzione irregolare, ma anche questa ipotesi è stata scartata perché non troviamo annotazione del passaggio di una cometa tra l’8 a.C. e il 2 d.C. in nessun testo antico, eppure sappiamo che il passaggio delle comete veniva annotato, sin dai tempi remoti, sia negli annali cinesi, sia nei testi dei popoli orientali e occidentali.

Allora come risolviamo l’enigma della stella dei magi se abbiamo ormai prove certe che essa non fu una cometa?

Oggi, la maggior parte degli studiosi, ritiene che il fenomeno astronomico che guidò i magi a Betlemme non fu una stella ma bensì una congiunzione planetaria.

Nell’anno 7 a.C. i pianeti Giove e Saturno si trovarono in congiunzione stretta, e quindi apparentemente molto vicini sulla volta celeste, per ben tre volte.

Questa tesi ha una certa credibilità e riscuote successo tra gli addetti ai lavori, abbracciata anche da Joseph Ratzinger nel suo libro sull’infanzia di Gesù, sono state addirittura ritrovate delle tavolette babilonesi che annotavano l’evento, segno chiaro che al fenomeno fu accordata una notevole importanza.

La teoria della congiunzione planetaria d’altronde non è poi così recente, il primo a formularla fu l’astronomo tedesco Giovanni Keplero, che nel 1603 osservò una congiunzione fra pianeti che sulla volta celeste sembravano un’enorme stella.

I calcoli di Keplero

Colpito dal fenomeno provò a calcolare se un evento del genere si fosse verificato anche intorno all’anno 0, concludendo di no. I suoi calcoli però gli permisero di scoprire che una congiunzione planetaria tra Giove e Saturno si era verificata per ben tre volte a distanza di tempo nell’anno 7 a.C. Convinto che la stella dei magi in realtà fosse stata una congiunzione planetaria scrisse un trattato, De anno natali Christi, in cui sosteneva che la data di nascita di Gesù andava anticipata.

.All’epoca la cosa generò non poco scalpore, ma oggi sappiamo per certo che, paradossalmente, Cristo nacque avanti Cristo, in una data che molto probabilmente cade tra il 7 e il 6 a.C.

A questo punto della nostra analisi tre fatti appaiono ormai certi:

che intorno all’anno della nascita di Gesù si verificò una congiunzione planetaria che apparve sulla volta celeste come una “stella” molto brillante e anomala;
che questo astro fu visibile più volte e a intermittenza come afferma il vangelo di Matteo;
che alcuni astronomi orientali, tra cui i magi, l’avevano notato come dimostrano le effemeridi babilonesi.

Conclusioni

Il racconto evangelico, spesso trattato con scetticismo da alcuni studiosi, acquista più credito proprio grazie all’elemento che sembrava più fantasioso, la stella, che permette ai magi di uscire dalla dimensione dell’irrealtà per diventare personaggi storicamente possibili.

Ad una condizione ovviamente, che li si spogli da tutti gli attributi che la tradizione ha attribuito loro, fermandosi al racconto matteano: via quindi la cometa, i nomi, il numero tre e le corone da re.

Queste assimilazioni sono posteriori e legate alla tradizione: la convinzione di considerare i magi dei re viene probabilmente dall’interpretazione di alcuni passi dell’Antico Testamento, come Is 60,1-6 e Sal 72,10, applicati alla natività.

Il numero tre invece, altamente simbolico nella Scrittura, può essersi affermato in riferimento ai magi per affermare che tutto il mondo aveva reso omaggio a Gesù. Tre erano infatti il numero dei continenti allora conosciuti, e la presenza di un magio di colore nell’iconografia classica completerebbe proprio questo simbolismo, facendo riferimento alle popolazioni africane.

Si conclude così il nostro viaggio alla scoperta di questi affascinanti personaggi e della loro stella, al di là della storicità, i magi hanno un significato nella Sacra Scrittura che va ben oltre e che è sintetizzato in maniera mirabile dalle parole di Papa Francesco, pronunciate durante un’omelia in occasione dell’epifania del Signore:

“I Magi rappresentano gli uomini di ogni parte della terra che vengono accolti nella casa di Dio. Davanti a Gesù non esiste più divisione alcuna di razza, lingua e di cultura: in quel Bambino, tutta l’umanità trova la sua unità”.

Loguercio Maria Velia
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Teologa, studiosa di ebraismo e appassionata di astronomia. Impegnata da anni nel dialogo Interreligioso, docente di religione e docente di ebraico ed esegesi dell’A.T. presso ISSR San Matteo (SA).

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