Oggi, 17 Gennaio 2022, celebriamo la XXXIII giornata per la promozione del dialogo ebraico cristiano.
Questa giornata fu istituita dalla Conferenza Episcopale Italiana il 29 settembre del 1989 e si fissò il 17 Gennaio come data per la sua celebrazione. La scelta di questa data non fu casuale, il 17 gennaio infatti precede in maniera molto significativa l’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si celebra dal 18 al 25 gennaio.
Questa giornata che mette in evidenza il legame imprescindibile del Cristianesimo con l’Ebraismo, vuole evidenziare come questo legame sia costitutivo anche per il rapporto fecondo tra le varie fedi cristiane fra di loro.
Infatti un riavvicinarci insieme alle comuni radici ebraiche permette di condividere più intensamente il comune tesoro della rivelazione biblica e rende più autentico e fecondo il dialogo.
Non a caso, il tema scelto per la celebrazione della prima giornata fu: “ La radice ebraica della fede cristiana e la necessità del dialogo”.
Mi piace ricordare le parole di Monsignor Alberto Ablondi, vescovo di Livorno, personalità di altissima levatura umana e culturale, che nel 1989 presiedeva la commissione per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI, sul significato di questa giornata da lui profondamente voluta:
“Lo spirito della giornata e’ l’approfondimento del dialogo tra ebrei e cristiani attraverso una maggiore conoscenza reciproca, il superamento di antichi pregiudizi, la riscoperta dei comuni valori biblici, la scoperta dell’immenso patrimonio ermeneutico ebraico dei testi, iniziative comuni per promuovere la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato”.
La celebrazione di queste giornate continua a rappresentare un’importantissima occasione per sollecitare alla conoscenza dell’Ebraismo in sintonia con la svolta inaugurata dal Concilio Vaticano II e dalla NA4.
Infatti è stato enorme il progresso dottrinale che la Chiesa ha compiuto dopo il Concilio, rigettando definitivamente quella pericolosissima Teologia della sostituzione che vede nel Cristianesimo il sostituto dell’Ebraismo nel piano di Dio, nella Chiesa il Nuovo Israele contrapposto al Vecchio definitivamente superato, e affermando con chiarezza che Israele continua ad essere il popolo di Dio e l’alleanza, la prima alleanza non è mai stata revocata e mai lo sarà!
Israele permane nella storia della salvezza e intimamente congiunto al mistero della chiesa coopera all’edificazione del regno di dio svolgendo un servizio all’umanita’ intera.
Infine, come è stato più volte fatto notare per evitare fraintendimenti, l’intento della celebrazione di queste giornate non è rivolto ad extra, come fosse una sorta di appello agli Ebrei per la loro conversione, ma è rivolto ad intra, è un’occasione propizia per mettersi in ascolto dei nostri fratelli maggiori lasciando che siano essi a definire loro stessi. Insomma non vi è nessuna finalità apologetica di cristianizzare l’ebraismo!!!
Il tema della XXXIII giornata
Per quanto riguarda la giornata di quest’anno il tema scelto dalla CEI è un passo del libro del profeta Geremia, “la lettera agli esiliati (Ger 29, 1-23) che è particolarmente in sintonia con il tempo complesso che stiamo attraversando.
Alla luce della terribile pandemia che stiamo vivendo e delle sue conseguenze e davvero bello intraprendere un cammino di approfondimento comune sulla profezia. Nella lettera agli esiliati Geremia rilegge il significato dell’esilio sotto una nuova luce: Israele è lontano dalla terra promessa, dal tempio, in mezzo ad un popolo di pagani, eppure proprio in questa situazione di sofferenza, di alienazione, egli può comprendere il senso autentico della sua vocazione, imparando a trarre anche dalla sofferenza aspetti positivi.
Questo è un grande insegnamento per gli ebrei e i cristiani di oggi che sono chiamati, nel difficile momento della pandemia, a rimanere fedeli alla loro chiamata e ad essere segno di speranza in un mondo che la speranza sembra averla perduta.
Si legge nel compendio preparato per la giornata dalla Commissione episcopale per l’Ecumenismo e il dialogo:
“La lettera di Geremia è un testo che, letto a due voci in questa giornata, può aiutarci a collocare la nostra esperienza di fede nell’odierna stagione del cambiamento di epoca. I temi della ricostruzione, della speranza, del dialogo con le realtà che ci circondano, il confronto con l’altro, anche straniero, possono fornire spunti importanti rispetto al modo di abitare la Terra”.
Alla fine di questa breve riflessione sul significato della giornata del dialogo ebraico cristiano mi piacerebbe focalizzare l’attenzione su un tema a me molto caro che accumuna ebrei e cristiani, pur preservando la loro differenza sostanziale, il tema è quello dell’attesa.
E’ vero che Gesù ci divide, bellissima è la formula sconvolgente di Ben Chorin :
“La fede di Gesù ci unisce, ma la fede in Gesù ci divide”,
E’ questo il grande paradosso,Gesù ci unisce nel medesimo istante in cui ci divide, eppure entrambi, cristiani ed ebrei, sono popoli dell’attesa, noi attendiamo che Gesù ritorni, Israele attende che il Messia arrivi inaugurando l’era messianica di pace e di giustizia.
In questa attesa, tutta protesa vero l’Escaton , lungi dall’allontanarsi, cristiani ed ebrei non cessano di incontrarsi intorno al Messia e all’attesa di Lui. I cristiani vivono il “Gia’”, gli ebrei ci ricordano il “Non ancora”.
Ce lo ricorda in maniera ammirabile Edmond Fleg nella sua “Ascolta Israele:
Ed ora entrambi siete in attesa,
tu che Egli venga e tu che Egli ritorni,
ma a Lui domandate la stessa Pace.
E le vostre mani, che Egli venga o che Egli ritorni,
a lui tendete nello stesso amore! E dunque cosa importa,
dall’una e dall’altra riva,
fate che Egli arrivi,
fate che Egli arrivi!
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Teologa, studiosa di ebraismo e appassionata di astronomia. Impegnata da anni nel dialogo Interreligioso, docente di religione e docente di ebraico ed esegesi dell’A.T. presso ISSR San Matteo (SA).