Quanta confusione, quante polemiche. Eppure come ha cercato di chiarire la stessa Congregazione a seguito delle rigide prese di posizione di alcune Conferenze Episcopali, scopo della Dichiarazione Fiducia supplicans è quello di disciplinare le modalità delle “benedizioni pastorali” alle coppie irregolari non certo ampliare l’ambito delle “benedizioni sacramentali”.
L’alternativa alla pubblicazione del Documento continuare a far finta di non conoscere le realtà umane e sociali che caratterizzano sempre più i fedeli, nascondendo la Chiesa in spregio al proprio mandato di prossimità missionaria.
Come ci ricorda invece Papa Francesco «la realtà prevale sull’idea» (cf. EG 231, 232, 233). È necessario quindi che il magistero affronti anche le questioni più divisive e che lo faccia con parole chiare che non lascino spazio a fraintendimenti.
È giusto che sussistano e vadano rispettate le specifiche sensibilità pastorali che pure animano la Chiesa purché lo si faccia nell’alveo di ciò che il Magistero ritiene conforme. Un po’ di più, un po’ di meno ma né troppo, né nulla affatto…
Nonostante alcuni si ostinino a non coglierne il senso pastorale, possiamo sgombrare subito quindi il campo da ogni equivoco: la Dichiarazione Fiducia supplicans della Congregazione per la Dottrina della Fede non apre alla benedizione delle unioni civili, siano esse etero o omosessuali.
La Dichiarazione ribadisce un indirizzo pastorale che è quello di accogliere le persone che vivono una situazione cosiddetta “irregolare” e apre alla possibilità di benedire anche la coppia nel proprio cammino di fede. Non si benedice l’unione, ma le persone.
Eventualmente, nel caso, persone che vivono la loro esperienza di vita in coppia. Non si benedice il legame, ma le persone che si sentono legate tra di loro da un cammino di vita comune. Può sembrare una sottigliezza ma è invece questo l’aspetto dirimente proprio tra le benedizioni “sacramentali” e quelle meramente “pastorali”.
Sarebbe perciò sbagliato interpretare la benedizione delle coppie “irregolari” come un sacramentale “sostitutivo” del sacramento del matrimonio; su questo punto la Dichiarazione è chiarissima e costituisce una disposizione di “chiusura” interpretativa rispetto a derive troppo secolariste che si stavano proponendo con insistenza all’interno di alcuni contesti ecclesiali.
Prima di entrare nel merito del documento, va chiarito innanzitutto qual è il valore della Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il termine Dichiarazione significa che il Documento dichiara quanto già è valido circa la dottrina della fede cattolica definita in precedenti Documenti del Magistero, non insegna dottrine nuove, ma indica la retta interpretazione della dottrina, a fronte di errori e ambiguità dottrinali diffusi nell’ambiente teologico ed ecclesiale odierno.
Il suo valore è quello di natura magisteriale universale, trattandosi di un Documento dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede, espressamente approvato dal Sommo Pontefice.
Questa peculiarità deriva dal fatto che la Congregazione per la Dottrina della Fede è l’organo ausiliare del Papa, con il mandato specifico e unico da Lui ricevuto di promuovere e tutelare la dottrina della fede cattolica nella sua validità universale (cf. Costituzione Apostolica, Pastor Bonus, art. 48).
Pertanto i Documenti della Congregazione per la Dottrina della Fede, espressamente approvati dal Papa, partecipano del magistero ordinario del Sommo Pontefice (cf. Istruzione, Donum Veritatis, 18).
Tali documenti non hanno valenza né amministrativa né giurisdizionale ma sono atti di natura dottrinale che concorrono all’insegnamento magisteriale, essendo del resto espressamente approvati e controfirmati dal Pontefice.
Pertanto, partecipando del magistero universale, assumono carattere vincolante e non possono essere ridotti a un orientamento “opinabile”.
L’intento della Dichiarazione è quindi quello di bloccare alcune “fughe in avanti” che negli ultimi tempi, in particolare da parte della Conferenza episcopale tedesca e di alcuni Vescovi fiamminghi, hanno tentato di forzare la mano sul tema delle seconde nozze e delle unioni omosessuali.
Lo stesso Prefetto della Congregazione, il cardinale Víctor Manuel Fernàndez, già nella premessa ne ha chiarito la portata:
«il valore di questo documento […] è quello di offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica» ma «la presente Dichiarazione resta ferma sulla dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione».
In altri termini, nella prassi pastorale di accoglienza rivolta a ogni battezzato è giusto prevedere anche la benedizione di coppie “irregolari”, alle quali se da un lato è precluso l’accesso alla grazia sacramentale, non di certo lo è la possibilità di vivere nella maggior pienezza possibile la propria vita nella comunità ecclesiale anche attraverso quelle invocazioni di grazia proprie delle benedizioni (cf. AL 244, AL 297).
La linea retta di separazione tra sacramento e azioni di accoglienza pastorale non è minimamente messa in discussione, né sono autorizzate pratiche equivoche che possano generare confusione (cf. AL 251).
Il numero 4 del documento dichiara «inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale “unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli”, e ciò che lo contraddice». In maniera lapidaria viene ribadito, e non potrebbe essere altrimenti, che «La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma».
Pertanto, a proposito delle benedizioni, «la Chiesa ha il diritto e il dovere di evitare qualsiasi tipo di rito che possa contraddire questa convinzione o portare a qualche confusione», con la conseguenza che «la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra persone dello stesso sesso» (n.5), o ancora «la Chiesa […] non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale».
Chiarito ciò, la Dichiarazione si sofferma sul carattere pastorale delle benedizioni che «conducono a cogliere la presenza di Dio in tutte le vicende della vita e ricordano che, anche nell’utilizzo delle cose create, l’essere umano è invitato a cercare Dio, ad amarlo e a servirlo fedelmente» (n.8), evitando di «pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti» (n.11).
Sull’esempio di Gesù bisogna comprendere che «la benedizione non è soltanto ascendente, in riferimento al Padre, ma anche discendente, riversata sugli altri come gesto di grazia, protezione e bontà» (n.18).
L’approccio pastorale è bene chiarito, poi, al n.21 laddove si afferma che
«Per aiutarci a comprendere il valore di un approccio maggiormente pastorale alle benedizioni, Papa Francesco ci ha sollecitato a contemplare, con atteggiamento di fede e paterna misericordia, il fatto che “quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio”», tenendo nel giusto riguardo che «Le persone che vengono spontaneamente a chiedere una benedizione mostrano con questa richiesta la loro sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del loro cuore che non confida solo nelle proprie forze, il loro bisogno di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo chiuso nei suoi limiti».
L’importante è tuttavia tenere fuori queste benedizioni da un quadro liturgico, assumendo così la libertà e la spontaneità propria della dimensione pastorale (n.23).
È alla luce di ciò che «non è conveniente che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni genere di questioni» (n.31). Chiaro, netto e senza appello lo stop alla Conferenza Episcopale Tedesca e alle Diocesi che avevano iniziato ad operare a briglia sciolta.
La linea guida è chiara:
«Nell’orizzonte qui delineato si colloca la possibilità di benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio. In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la legittimazione di un proprio status, ma mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo» (n.31).
Cos’è dunque la benedizione della coppia (e non dell’unione)? Lo chiarisce il n.33:
«È questa una benedizione che, benché non inserita in un rito liturgico, unisce la preghiera di intercessione all’invocazione dell’aiuto di Dio di coloro che si rivolgono umilmente a lui. Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui! In fondo, la benedizione offre alle persone un mezzo per accrescere la loro fiducia in Dio. La richiesta di una benedizione esprime ed alimenta l’apertura alla trascendenza, la pietà, la vicinanza a Dio in mille circostanze concrete della vita, e questo non è cosa da poco nel mondo in cui viviamo. È un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato».
Ove ve ne fosse ancora bisogno al n.36 si esplicita a riguardo la stessa
«preoccupazione del Papa, affinché queste benedizioni non ritualizzate non cessino di essere un semplice gesto che fornisce un mezzo efficace per accrescere la fiducia in Dio da parte delle persone che la chiedono, evitando che diventino un atto liturgico o semi-liturgico, simile a un sacramento».
Ne emerge infine, opportunamente, un vero e proprio vademecum pastorale:
n.38 «non si deve né promuovere né prevedere un rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere pienamente la sua volontà».
n.39 «per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso».
In definitiva, ciascun pastore deve saper accompagnare i fedeli, qualunque sia la propria situazione e il proprio status di vita “civile” ma senza assumere modi e forme che possano rimandare in maniera più o meno esplicita alle forme del matrimonio sacramentale.
Ecco un breve decalogo pastorale che si ricava dalla Dichiarazione e dai precedenti orientamenti magisteriali:
- Non sarà possibile da parte delle Conferenze episcopali o delle singole Diocesi o dei singoli Parroci regolamentare le modalità di benedizione delle coppie eterosessuali in seconde nozze attraverso una ritualizzazione delle stesse.
- Non sarà possibile da parte delle Conferenze episcopali o delle singole Diocesi o dei singoli Parroci regolamentare le modalità di benedizione delle coppie omosessuali attraverso una ritualizzazione delle stesse.
- Sarà possibile accompagnare le coppie eterosessuali in seconde nozze, benedicendo le persone in coppia nel proprio cammino di vita e di fede.
- Sarà possibile accompagnare le coppie omosessuali, benedicendo le persone in coppia nel proprio cammino di vita e di fede.
- Non sarà possibile benedire la coppia eterosessuale in seconde nozze, in concomitanza (immediatamente prima o dopo) con il matrimonio civile, come gesto di completamento ecclesiale delle nozze.
- Non sarà possibile benedire la coppia eterosessuale non sposata, in concomitanza (immediatamente prima o dopo) con l’unione civile, come gesto di completamento ecclesiale dell’unione.
- Non sarà possibile benedire la coppia omosessuale, in concomitanza (immediatamente prima o dopo) con l’unione civile, come gesto di completamento ecclesiale dell’unione.
- Non sarà possibile benedire la coppia eterosessuale in seconde nozze nel corso della celebrazione liturgica.
- Non sarà possibile benedire la coppia omosessuale nel corso della celebrazione liturgica.
- Sussiste piena ammissibilità ai sacramenti per i figli delle suddette coppie.
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Nel corso degli anni ha fatto suo il motto paolino «guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9, 16). È avvocato, giornalista pubblicista, docente e catechista. Specializzato in teologia fondamentale presso la PFTIM - Sezione “San Luigi” con una tesi sulla fede popolare, ha approfondito nei suoi studi il magistero post-conciliare e in particolare quello di Papa Francesco. È direttore organizzativo del Festival della Teologia “Incontri”.