«Nulla va rifiutato» (1Tim 4,4)

La storia della salvezza raccontata dalla Bibbia si muove sulle due dimensioni della “Creazione” e della “Redenzione”. I primi undici capitoli della Genesi annunciano il sogno di Dio condiviso con l’Adam maschile e femminile (la Creazione), un sogno deturpato dalle scelte scellerate degli uomini e delle donne (il peccato).

Il Signore non rinuncia alla Creazione che ha condiviso con l’umanità. In un mondo nel quale i popoli sono in lotta tra di loro e dove la realtà creata è diventata motivo di divisione, piuttosto che di comunione, inizia un cammino di liberazione/Redenzione della Creazione, che sfocia nella elezione di un popolo tra i popoli.

Come è tipicamente del metodo di questo Dio, il Signore riparte da “uno”, da Israele per arrivare a tutti. L’intera vicenda biblica, da Israele a Gesù e la prima Chiesa, è il racconto di questo cammino di conversione e riconciliazione, affinché venga ristabilita la Creazione.

Se poniamo attenzione ai primi undici capitoli della Genesi, ci accorgiamo che la narrazione è impostata sulle tre relazioni fondamentali della nostra esistenza: il rapporto con Dio, il rapporto con gli altri e il rapporto con la terra (il creato). Gli autori biblici hanno incontrato e annunciato un Dio che, a partire dal Suo Amore, ha immaginato il mondo come un grande giardino nel quale l’Adam maschile e femminile godesse con Lui di ogni bellezza e di ogni bene.

La corruzione di questo progetto sta proprio nella perversione del senso vitale di quei tre rapporti: il dubbio su Dio e sugli altri, genera sospetto, invidia e competizione e ogni bene della terra donato per la condivisione, diventa motivo di contrasto e conflitto.

Queste tre dimensioni sono sempre connesse tra di loro. È una confusione/perversione su ciò che dà vita, che genera vita. Gli umani si ingannano sul senso della realtà e indirizzano il loro desiderio di vita verso ciò che, al contrario, porta alla morte. Questo è propriamente “il peccato”: la destinazione fallimentare delle proprie scelte. Dio non punisce mai il peccato, perché il peccato ha già in sé “la punizione”; purtroppo, porta con sé delle conseguenze penose.

Secondo il racconto biblico la perversione di una di queste relazioni (ad esempio, il rapporto con la terra) è sempre e contemporaneamente corruzione delle altre, mai si possono disgiungere.

Questo è il tenore del racconto del peccato dell’uomo e della donna di Gen 3, di Caino e Abele in Gen 4 e della Torre di Babele di Gen 11. A causa delle scelte fallimentari degli umani, “ormai, la terra è piena di maledizione”. La vicenda del diluvio e di Noè di Gen 6-9 annuncia simbolicamente la volontà di Dio di non arrendersi al peccato degli uomini e delle donne, perché Dio è solo “benedizione” (una parola che biblicamente nel suo senso profondo significa “far vivere”).

Il progetto di liberazione e Redenzione comincia storicamente con Abramo: il resto del libro della Genesi con Abramo e Sara, Ismaele ed Isacco, Esaù e Giacobbe, fino a Giuseppe e ai suoi fratelli, è l’inizio della sanazione e della liberazione della Creazione. Il libro della Genesi ha già in nuce tutta la successiva storia della salvezza nella sua finalità: riconsegnare alla Creazione il suo senso, ristabilendo l’armonia vitale delle tre relazioni fondamentali dell’esistenza.

Prendersi cura del creato

A vari livelli e in modo trasversale, ormai da diversi anni, è cresciuta nella sensibilità comune la preoccupazione, e insieme la denuncia, per la situazione ambientale del nostro pianeta. Anche Papa Francesco si sta adoperando per richiamare la responsabilità di ogni uomo e donna nella cura del creato.

Come abbiamo evidenziato, questa preoccupazione riguarda il fondamento dell’annuncio biblico. Infatti, i vari documenti ecclesiali di questi anni sul tema fanno continuamente riferimento alla Scrittura. Non c’è uomo o donna che non sia chiamato a prendersi cura del pianeta, ma chi si nutre della Parola del Signore ha ricevuto e riceve una chiamata alla cura che sta al “Principio” e che è “lampada per i suoi passi” (cfr. Sal 119,105).

È una bella notizia l’attenzione ecclesiale degli ultimi decenni alla cura del creato, ma, purtroppo, e ancora oggi, non sembra trovare posto nella “vita spirituale” dei cristiani. Normalmente, i cristiani sono più “allenati” alla Redenzione: la vita spirituale, così come l’anno liturgico, comincia dalla redenzione. La Bibbia, invece, come abbiamo visto, è piena della spiritualità della Creazione, fino al Nuovo Testamento.

Così si legge nella Prima Lettera a Timoteo:

«Lo Spirito dice apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche, a causa dell’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza: gente che vieta il matrimonio e impone di astenersi da alcuni cibi, che Dio ha creato perché i fedeli, e quanti conoscono la verità, li mangino rendendo grazie. Infatti ogni creazione di Dio è buona e nulla va rifiutato, se lo si prende con animo grato, perché esso viene reso santo dalla parola di Dio e dalla preghiera» (1Tim 4,1-5).

Come intuì San Francesco d’Assisi, c’è una diaconia della Creazione che dovrebbe suscitare la fede (“il cibo” «reso santo dalla parola di Dio») e la lode («li mangino rendendo grazie»), ma che invece sembra essere lontana dalla preghiera, dalla liturgia e dalla consapevolezza umana dei cristiani.

In Gen 2 il compito affidato all’umano è quello di «coltivare», partecipando alla Creazione, e «custodire» il «giardino». Secondo questo annuncio, custodire, prendersi cura e, co-creando con il Creatore, far crescere “la terra” è la prima vocazione di ogni uomo e di ogni donna.

La Chiesa cristiana ha ricevuto da queste pagine una “sapienza” che non può restare nascosta “come una lampada sotto il moggio” (cfr. Mt 5,15): purtroppo, in molti casi sembra proprio una luce nascosta.

Ad esempio, nella sua storia la Chiesa cristiana ha introdotto liturgicamente la “domenica” come giorno della risurrezione Redentrice e, sapientemente, non ha tralasciato il “sabato” che è piuttosto il giorno della Creazione. Ma quanto è nella coscienza dei cristiani il valore del giorno di “sabato”? Non solo Israele, ma anche la Chiesa cristiana dovrebbe celebrare il “sabato”.

L’annuncio della “Nuova Creazione” finalmente inaugurata dal Risorto, non è una seconda creazione, ma è la trasfigurazione di questa prima Creazione. I “nuovi cieli e la nuova terra” sono questo mondo salvato da Dio, un Dio che non scarta e non butta via niente di ciò che ha voluto. La domenica è l’apertura all’eterno del sabato, quel sabato annuncio di ciò che fa vivere per sempre. Tra il sabato e la domenica si trova il senso di ogni cosa, il destino gioioso e definitivo di ogni realtà creata, l’armonia di quelle tre relazioni fondamentali dell’esistenza.

Se è così, la partecipazione dei cristiani alla cura del creato, passa, innanzitutto, dalla frequentazione delle Scritture, da ciò che sta al fondamento. La cura del pianeta è di tutti, ma solo ad alcuni è affidata una luce che indica il senso pieno di questa cura.

Ad esempio, chi si nutre di questa Parola, potrà mai davvero pensare che l’arroganza degli umani saprà essere così potente da distruggere il pianeta? Il Dio che in virtù del Suo Amore non rinuncia a nulla di ciò che ha fatto, che non ha mondi da buttare e umanità da sprecare, potrà davvero consentirci di distruggere il pianeta?

La luce della sapienza biblica ci spinge a essere testimoni di una speranza che viene da Gesù Cristo, l’ultima e definitiva concretizzazione storica della figura di Noè, e dalla Sua Pasqua.

Simbolicamente, il legno dell’arca di Noè ha riparato gli esseri viventi dalla totale distruzione delle acque diluviali. Storicamente, il legno della Croce (definitiva concretizzazione storica dell’arca di Noè) non smetterà di riparare ogni essere vivente dalle penose conseguenze distruttive delle scelte perverse degli uomini e delle donne, dettate dalla bramosia e dal potere. Fino al compimento di ogni sabato che è la vita risorta nel Risorto, destinazione finale di una Creazione pienamente redenta e rinnovata.

Il Signore spera che le Sue figlie e i Suoi figli partecipino del Suo stesso sogno, ne godano e lo annuncino. Quel sogno continuamente testimoniato da una comprensione profonda della Sacra Scrittura. Prima di qualsiasi documento ecclesiale o di condivisione delle analisi sulle crisi ambientali, le figlie e i figli di Dio hanno necessità di mettersi in ascolto della Sua Parola, affinché con le “orecchie” vedano “i cieli narrare la gloria di Dio” (cfr. Sal 19).

E la Sua gloria è “l’uomo vivente”. Solo così, si potrà servire e sostenere l’umanità nei suoi smarrimenti, nelle sue crisi, fino alla crisi ambientale. Un cammino da fare con tutti, avendo negli occhi la luce del sogno di un Dio che non rinuncia alla Sua Creazione e a nessun essere vivente.

foto di Don Davide Bertocchi
davidebertocchisvo@gmail.com | + posts

Ordinato presbitero a Milano il 10/06/1995. Licenziato in Teologia Biblica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli, sezione S. Luigi. Attualmente collabora con
l’Apostolato Biblico della Diocesi di Milano ed è vicario parrocchiale in S.Barnaba – Milano, all’interno della “Comunità Pastorale della Visitazione”.

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