Il cammino di preparazione all’Eucaristia dei nostri figli.

Un tempo proprizio di conversione anche per noi

La prima Eucarestia

In questi mesi molti genitori accompagnano i loro figli nel percorso di preparazione alla Prima Comunione, essendo anche io madre di due bambine, una delle quali riceverà l’Eucaristia proprio a maggio,  mi è capitato spesso di riflettere, tra me e me, e di chiedermi come i genitori possano accompagnare i figli, nel miglior modo possibile, verso questo incontro così fondamentale nella loro vita?

Ho riflettuto molto e sono giunta alla conclusione che il tempo di preparazione alla prima Eucaristia dei nostri figli può diventare un tempo propizio e fecondo di conversione anche per noi genitori.

Non a caso ho utilizzato proprio la parola conversione, nel testo ebraico della Bibbia il verbo usato per indicare la conversione è il verbo Shùv, questo verbo in realtà più che con convertirsi andrebbe tradotto con “ritornare”, esprime proprio l’idea di qualcuno che allontanatosi da qualcosa di fondamentale inverte la rotta, in pratica fa l’inversione di marcia per fare ritorno verso quella fonte essenziale…

Ma dirò di più, lo stesso verbo shùv è spesso tradotto oltre che con ritornare anche con “rispondere”.

Conversione

Ecco quindi che convertirsi equivale a ritornare ad accostarci all’Eucaristia con una rinnovata consapevolezza, a comprendere il grandissimo dono che Cristo ci ha fatto rimanendo con noi, con una presenza reale, che non verrà mai meno, e convertirsi poi significa rispondere a questo dono attraverso le scelte concrete della nostra vita, che devono essere scelte ispirate al Vangelo, e vedete il Vangelo è semplicissimo in questo, perché sintetizza tutti i numerosi precetti che, ad esempio,  il popolo ebraico doveva osservare con un unico grande comandamento, il comandamento dell’amore.

Questa conversione quindi significa effettuare scelte che abbiano come motore propulsivo l’amore per Dio e l’amore per gli altri.

Hanno detto numerosi saggi che non sono le parole che educano, ma le azioni, e sono le nostre azioni che influenzeranno e plasmeranno la vita dei nostri figli, il nostro esempio. 

Ecco quindi che questo percorso diventa anche per noi un’occasione irripetibile per riscoprire la bellezza delle celebrazioni eucaristiche a cui spesso prendiamo parte in maniera così superficiale.

Perché, diciamoci la verità, la domenica noi spesso partecipiamo a Messa, ma non ne siamo trasformati, siamo troppo distratti, così invece di uscire dalla chiesa con un sorriso 36 denti, ce ne torniamo a casa assorti nei nostri pensieri, senza riuscire a portare  gioia anche a chi ci incontra fuori dalle mura della chiesa.

Cammino di preparazione

Questo cammino di preparazione che i nostri figli stanno percorrendo è un cammino che anche noi genitori dobbiamo percorrere con loro, un cammino che si deve affrontare come famiglia, la famiglia infatti è la piccola chiesa domestica, la prima comunità in cui Dio parla e opera e mediante la quale viene trasmessa la fede.

Il nostro ruolo quindi è assolutamente indispensabile, solo noi genitori possiamo aiutare i nostri figli a scoprire che il Vangelo è vita e non una semplice e sterile dottrina, che il Vangelo è un’esperienza che abbraccia l’uomo a 360 gradi e lo trasforma.

Io sono certa che tutti i bambini che si preparano per ricevere l’Eucaristia riempiono i genitori di mille domande riguardo a quello che vivranno, almeno per me in questo periodo è così, per questo vorrei essere più concreta e condividere con voi le tre strategie che io sto adottando per aiutare la mia bambina a vivere consapevolmente questo incontro con Gesù nell’Eucaristia:

Far crescere nei bambini il desiderio che arrivi quel momento sottolineandone la sacralità, la bellezza e l’importanza.
Spiegare ai bambini che il rito dell’Eucaristia ha origine nell’ultima cena.
E forse la più importante, aiutare i nostri bambini a costruire con Gesù un rapporto di amicizia, è importante infatti per loro considerare Gesù una presenza costante nella vita a cui rivolgersi nelle piccole cose della loro quotidianità.

Far crescere il desiderio

Ma come far crescere nei bambini il desiderio che arrivi quel momento, io personalmente cerco di sottolineare con le mie figlie l’importanza della domenica come giorno speciale, spesso utilizzo la metafora dell’invito a pranzo, la domenica Gesù ci invita ad un banchetto e noi ci prepariamo con gioia e con cura per prendervi parte, un banchetto in cui Egli stesso si dona a noi.

E poi, per far crescere in loro il desiderio di incontrare Gesù nell’Eucaristia io e mio marito permettiamo alle bambine di accompagnarci verso l’altare quando noi andiamo a fare la comunione, un giorno infatti un sacerdote ispirato mi disse:

lasciate che i bambini camminino con voi verso l’altare, che vi accompagnino, che vi osservino alzando lo sguardo verso l’alto, i bambini sono degli ottimi osservatori e capiranno l’importanza e la bellezza del momento, desiderandolo…

e devo dire che è davvero così, spesso dopo essere tornati tra i banchi le mie figlie hanno detto: mamma, non vediamo l’ora che Gesù venga anche nel nostro cuore…dimorare nel cuore, che meraviglia la poesia dei bambini!

Il rito dell’Eucarestia

Seconda cosa che sto cercando di fare è spiegare che l’Eucaristia, la Comunione ha origine nell’Ultima Cena…abbiamo da poco vissuto il Triduo pasquale, spieghiamo loro che quelli sono gli eventi fondativi della nostra fede.

Ogni volta che il sacerdote celebra la Messa, nel momento della consacrazione, ripete le parole di Gesù, ma in quel momento non sta semplicemente ricordando un avvenimento avvenuto 2000 anni fa in Giudea, ma ne sta facendo un memoriale.

Il concetto di memoriale è un concetto molto caro alla tradizione biblica, la prima menzione è presente nel libro dell’Esodo in occasione dell’ultima cena degli israeliti in Egitto: “questo giorno sarà per voi un memoriale (zikkaron), lo celebrerete come festa del Signore, di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”.

Questa frase suggella la narrazione biblica del rito della Pasqua ebraica. Ovviamente intuiamo il collegamento con l’ultima cena di Gesù, dove echeggiano le parole:

“Questo è il mio corpo che è dato per voi, fate questo in memoria di me…questa è la nuova alleanza nel mio sangue, fate questo in memoria di me…”

Il memoriale quindi non è un semplice ricordare, ma è qualcosa di molto più profondo e di molto più forte che si intreccia con la liturgia e la sua efficacia, esso indica un’azione salvifica divina che si è compiuta nel passato, ma il cui effetto e la cui presenza perdurano nel tempo, quindi anche nel presente, oggi, e affacciandosi ovviamente sul futuro.

Lo zikkaron quindi attualizza il fatto ricordato e lo rende presente rendendo i suoi frutti fruibili oggi. Memoriale quindi è ben diverso da commemorare fatti e persone sepolte nella nebbia del passato, il ricordare biblico è presenza. È l’eternità che penetra nel tempo.

Cerchiamo quindi di rendere anzitutto chiaro a noi stessi e di spiegare poi ai nostri figli che il memoriale fa in modo che quell’ “allora” diventi “ora”. In maniera misteriosa, durante la consacrazione, anche noi siamo presenti all’ultima cena di Gesù.

Gesù è un amico

Terza strategia che sto adottando per aiutare mia figlia a vivere in maniera piena la sua Prima Comunione è quella di far crescere in lei la consapevolezza che Gesù è un amico.

Lui stesso si rivolge a noi attraverso le parole del vangelo di Gv dicendo “vi ho chiamato amici”, e l’amicizia è forse uno dei sentimenti più belli in assoluto che un essere umano possa sperimentare. Per fare in modo però che un’amicizia nasca vi è bisogno di impegno e di cura.

Mi sovviene alla mente una delle pagine più belle della letteratura mondiale che parla dell’amicizia, quella scritta da Antoine de Saint Exupéry nel suo capolavoro “Il piccolo principe”.

Mi riferisco al dialogo del piccolo principe con la volpe, lui vuole giocare con lei, ma lei si rifiuta perché non è addomesticata, addomesticare nel testo è una metafora della nascita di un’amicizia, e vuol dire creare legami, una cosa che gli uomini hanno dimenticato afferma la volpe.

Ma senza legami il piccolo principe è solo un ragazzo come un altro e la volpe solo un animale come tanti, è creando legami che ci si inizia a conoscere, ad avvicinarsi, a tenere a qualcun altro. CONOSCERSI significa essere speciali l’uno per l’altro.

Ma questo processo non è semplice , richiede tanta pazienza, allora la volpe parlando al piccolo principe gli spiega come si fa a conoscersi e dice:

” All’inizio tu ti siederai lontano da me, nell’erba e io ti guarderò con la coda dell’occhio e non diremo nulla, le parole spesso sono fonti di malintesi, ma ogni giorno tu ti siederai un po’ più vicino…ovviamente non bisogna tornare quando ci pare, ma ogni giorno alla stessa ora, se tu vieni tutti i giorni alle quattro, io dalle tre continuerò ad essere felice , con il passare del tempo la mia felicità aumenterà e alle quattro comincerò ad agitarmi…

La volpe spiega al piccolo principe il significato dell’attesa e del rito. E’ facile intuire che la volpe nel racconto rappresenta l’amicizia, sentimento che deve essere curato e che deve nutrirsi giorno dopo giorno con attenzione. La lezione è che le cose amate vanno curate.

Prendendo spunto da questa bellissima storia capiamo che dobbiamo essere noi ad aiutare i nostri figli a conoscere Gesù, ad istaurare con Lui un’amicizia.

E come la volpe dice: tu ogni giorno ritornerai e piano piano diventeremo amici, anche noi dobbiamo fare in modo che Gesù diventi una presenza costante nella loro vita.

Come?

Io ad esempio, alla fine della giornata, prima di mettere le bimbe a letto, dopo la preghiera di ringraziamento a Dio per il giorno trascorso chiedo a loro cosa vogliono dire a Gesù riguardo agli avvenimenti del giorno terminato, le cose belle, quelle che le hanno fatte soffrire, le cose divertenti, tutto…non ci sono preghiere, parole standardizzate da ripetere, ma semplicemente il racconto di fatti, proprio come quando parliamo ad un amico.

Conclusioni

Vedete, queste sono solo piccole cose che fanno una grandissima differenza, che giovano ai nostri figli e anche a noi… io spero davvero che questo tempo di preparazione che stanno affrontando i nostri figli possa diventare anche per noi adulti un tempo propizio per riscoprire la bellezza della nostra fede e di un rapporto personale con un Dio che è arrivato ad abitare la nostra carne, la nostra umanità con tutte le sue contraddizioni e fragilità, un Dio che ci accetta per come siamo, un  Dio che ci ha amato di un amore così grande che lo ha portato a dare la vita per noi.

Loguercio Maria Velia
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Teologa, studiosa di ebraismo e appassionata di astronomia. Impegnata da anni nel dialogo Interreligioso, docente di religione e docente di ebraico ed esegesi dell’A.T. presso ISSR San Matteo (SA).

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