Non è mia intenzione proporre una lettura semplicistica di fenomeni sociali, politici e antropologici complessi, ma non rinuncio a lanciare una provocazione ai tanti amici “laicisti” che continuano a raccontare un mondo che sarebbe di gran lunga migliore senza l’influenza di Cristo e del cristianesimo.
Oggi festeggiamo la donna, ma qualcuno si chiede come mai in Occidente è stato possibile più che altrove il processo di emancipazione femminile?
Dobbiamo accettare passivamente la narrazione che la marginalizzazione della donna sia colpa del cristianesimo soltanto perché, almeno nella Chiesa apostolica, quella ortodossa e quella cattolica, alle donne è precluso il servizio sacerdotale?
Siamo sicuri che sia questa la cifra per un giudizio obiettivo?
Mettiamo un po’ di ordine. Si deve a una donna cristiana la fondazione del primo ospedale (Santa Fabiola IV sec. d.C.), passando per la beata Maria Lorenza Longo (1463-1539) fondatrice dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, fino a Florence Nightingale (1820 – 1910) da tutti considerata la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, la prima ad applicare il metodo scientifico attraverso l’utilizzo della statistica e ad organizzare in maniera strutturata gli ospedali da campo. Ohibò, tutte cristiane…
Ma c’è di più: se non fosse stato per la conclamata autorevolezza di una regina cristiana, Isabella I di Castiglia, non si sarebbe nemmeno arrivati alla scoperta dell’America. Perché trascurare che è stata lei e non il marito Ferdinando II d’Aragona a porre fiducia in un matto visionario come Cristoforo Colombo e a finanziare la sua impresa?
Sempre nel XV secolo possiamo ricordare una figura come Giovanna d’Arco e un secolo prima Santa Caterina da Siena, dottore della Chiesa e influente consigliera dello stesso papato…
Nella società maschilista dell’epoca era la fede cristiana ad incoraggiare le donne a vivere con pienezza il loro ruolo di donne, di madri e di leader. Il talento da mettere a frutto non è un mantra della Rivoluzione francese ma una risposta di vocazione al dono della vita. Un messaggio evangelico, mica freudiano…
Ma si diceva della donna e della Chiesa, delle chiusure ben più note delle aperture. Aperture di strade. Basti pensare che, con pari dignità del fratello Benedetto, è stata Santa Scolastica già dal VI secolo ad avviare il primo ordine monastico anche al femminile. È a lei e al fratello che si deve la costruzione di quelle radici dell’identità europea che oggi si vogliono sotterrare…
Ma non scoraggiamoci: le radici è sottoterra che attecchiscono, germogliano e portano tanti frutti (anche questo – chiedo venia – ce lo ricorda il Vangelo…).
Sgombrato il campo dall’abituale pregiudizio anticristiano, viene ora naturale porsi la domanda: perché la donna nel cristianesimo ha trovato una così forte dignità che è alla base della stessa emancipazione maturata nel contesto occidentale?
La “colpa” è di Gesù…
Sarebbe troppo scontato parlare della centralità di Maria nella vita tanto di Gesù quanto della Chiesa.
Ecco il motivo per cui non è a lei che invito oggi a guardare.
In una società profondamente patriarcale, dove il ruolo civile della donna era del tutto inesistente, dove la parola della donna non aveva alcun valore probante neanche nei tribunali, Gesù che cosa fa?
Affida a una donna, Maria di Magdala, la più importante testimonianza della storia. È a lei e non ai discepoli che si mostra, prima che agli altri, come il Risorto.
Una scelta inspiegabile, irrazionale, controproducente secondo la logica del tempo eppure la scelta giusta da fare.
La scelta di Dio, del Suo figlio, è stata rivoluzionare il ruolo sociale della donna affidando a lei il compito più importante: quello di testimoniare l’Evento.
Ma la cosa ancora più assurda qual è? Che quella scelta di Gesù di affidare a una donna il primo annuncio della sua Risurrezione è compresa e accolta anche da quella massa di “vigliacchi zoticoni” (mi si passi il termine) che saranno chiamati a fondare la Chiesa e a costruire con essa i valori di riferimento dell’intero Occidente.
Senza quella scelta rivoluzionaria di Cristo siamo sicuri che l’Occidente sarebbe stato lo stesso? Che avrebbe compreso prima di altri il valore della donna e la sua pari dignità?
Una dignità, non dimentichiamolo mai, che si fonda sulla differenza non sull’omologazione.
L’autentico femminismo non chiede alla donna di rinunciare alle sue peculiarità, alla sua ricchezza, alla sua bellezza per rincorrere un modello maschile che non le appartiene e che la comprime.
In questo 8 marzo sarebbe bello quindi superare vecchi stereotipi e riportare sulla donna lo sguardo di Cristo. Esaltarne la sua bellezza e la sua missione, di donna, di madre, di lavoratrice, di guida, di leader.
Non rinunciando a una parte di sé ma facendo in modo che la società sappia accoglierla e valorizzarla in tutta la sua straordinaria pienezza e bellezza.
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Nel corso degli anni ha fatto suo il motto paolino «guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9, 16). È avvocato, giornalista pubblicista, docente e catechista. Specializzato in teologia fondamentale presso la PFTIM - Sezione “San Luigi” con una tesi sulla fede popolare, ha approfondito nei suoi studi il magistero post-conciliare e in particolare quello di Papa Francesco. È direttore organizzativo del Festival della Teologia “Incontri”.