- Le religioni a scuola: quale contributo il docente di religione cattolica può dare per una matura educazione al rispetto ed una corretta pratica multiculturale?
- Nelle classi della scuola italiana oramai convivono alunni di culture differenti, probabilmente anche nella sua classe: ci può dire praticamente quali passi percorre per educare al dialogo culturale i suoi studenti?
- L’esigenza del dialogo interreligioso nell’accezione più ampia di confronto tra soggetti e comunità portatrici di diverse visioni, oggi è ritenuta fondamentale anche dalla società civile: come crescere nel dialogo tra le religioni nelle nostre scuole?
- Più di qualcuno ha paura del dialogo tra culture e religioni diverse perché lo avverte come una minaccia all’identità ed una deriva al relativismo e al sincretismo religioso: come si può superare questa paura e mettere un argine al ritorno di vecchie chiusure e discriminazioni?
- Lei è referente nella sua diocesi dove opera per il dialogo tra ebrei e cristiani: ci può raccontare brevemente la sua esperienza e il valore del dialogo interreligioso oggi?
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Vi proponiamo l’intervista, curata da Paolo Greco, fatta alla nostra Maria Velia Loguercio sull’eduzione al dialogo interreligioso, pubblicata nel numero 3/2024 della rivista telematica Ermes Education .
Le religioni a scuola: quale contributo il docente di religione cattolica può dare per una matura educazione al rispetto ed una corretta pratica multiculturale?
Spesso l’insegnamento della religione cattolica nelle nostre scuole è stato oggetto di numerosi attacchi da parte di chi, ancora oggi, lo considera una sorta di catechismo 2.0 che mina la laicità della scuola e risulta discriminatorio nei confronti degli alunni che professano altri credi religiosi. Proprio a causa di questi fraintendimenti, spesso si accendono aspri dibattiti sulla sua utilità o opportunità in uno Stato laico. In realtà l’ora di Irc risulta essere un piccolo spazio di tempo propizio, durante il quale gli studenti possono approfondire la conoscenza dei fenomeni religiosi e leggere con una maggiore consapevolezza i cambiamenti in atto intorno a loro determinati da una società sempre più pluralista e multiculturale. Indispensabile risulta essere, quindi, l’operato del docente di religione, che in una prospettiva multidisciplinare e trasversale, aiuta i ragazzi a scoprire la bellezza della diversità, a rispettare le culture e le fedi altrui.
Nelle classi della scuola italiana oramai convivono alunni di culture differenti, probabilmente anche nella sua classe: ci può dire praticamente quali passi percorre per educare al dialogo culturale i suoi studenti?
Si, nelle mie classi sono presenti alunni di culture e fedi religiose differenti, in particolar modo musulmani. La strategia che utilizzo è quella del confronto e della conoscenza: spesso coinvolgo nel dialogo educativo questi alunni, permetto che siano loro a parlare delle loro tradizioni e della loro fede. In un secondo momento cerco di focalizzare l’attenzione della classe sulle cose che ci uniscono, sugli elementi in comune (l’amore per il prossimo, per Dio, il rispetto della creazione, Abramo come padre nella fede comune alle due religioni) non stancandomi mai di sottolineare che le differenze non devono essere intese come muri, ma nella reciproca conoscenza, come momento che arricchisce entrambe le fedi.
L’esigenza del dialogo interreligioso nell’accezione più ampia di confronto tra soggetti e comunità portatrici di diverse visioni, oggi è ritenuta fondamentale anche dalla società civile: come crescere nel dialogo tra le religioni nelle nostre scuole?
Per questa sfida, fondamentale risulta essere la figura del docente di religione, che deve dedicare a questo scopo un impegno costante. Spesso purtroppo mi capita di confrontarmi con colleghi che non dedicano spazio alla spiegazione dei principi fondamentali delle altre fedi religiose: quelle che stiamo imparando sempre di più a conoscere, ma anche quelle che sono più lontane da noi, focalizzandosi su tematiche diverse. È invece quanto mai necessario oggi favorire nei ragazzi lo sviluppo di una mentalità aperta ai valori della tolleranza e dell’accoglienza dell’altro. Conoscere le altre culture e le altre fedi ci aiuta anche a non temerle, a stroncare sul nascere infondate paure che ci spingono a vedere nell’altro diverso da noi una minaccia. Solo nel rispetto reciproco sarà infatti possibile costruire una società più giusta e più in pace.
Più di qualcuno ha paura del dialogo tra culture e religioni diverse perché lo avverte come una minaccia all’identità ed una deriva al relativismo e al sincretismo religioso: come si può superare questa paura e mettere un argine al ritorno di vecchie chiusure e discriminazioni?
Proprio come dicevo prima, attraverso una conoscenza reciproca sempre più profonda. La società che ci circonda sta velocemente cambiando, diventa sempre più complessa, oggi non possiamo permetterci arroccamenti e chiusure di nessun genere, ne va della sopravvivenza stessa della nostra società. Spesso mi è capitato di ascoltare discorsi allarmati riguardo a presunti pericoli che deriverebbero da un’apertura sempre più profonda verso le altre culture e le altre religioni oggi presenti sul nostro territorio nazionale e che minerebbero la nostra identità nazionale e religiosa. Queste infondate convinzioni nascono da una profonda ignoranza (nel senso di non conoscenza) che va combattuta soprattutto attraverso l’azione educativa della scuola.
Lei è referente nella sua diocesi dove opera per il dialogo tra ebrei e cristiani: ci può raccontare brevemente la sua esperienza e il valore del dialogo interreligioso oggi?
La mia esperienza come referente per il dialogo ebraico cristiano per la Diocesi di Salerno è iniziato quattro anni fa, quando, su invito della Conferenza Episcopale Campana, si è cercato di creare una rete di persone su tutto il territorio regionale, che nelle loro diocesi, promuovessero il dialogo tra cristiani ed ebrei.
Da allora, in collaborazione con l’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso della Diocesi di Salerno, abbiamo cercato di promuovere una serie di iniziative che aiutassero sempre più fedeli a capire che è impossibile per un cristiano comprendere pienamente la propria fede se si prescinde dalla conoscenza dell’ebraismo.
Quello del cristianesimo con l’ebraismo è infatti un legame costitutivo, Yeshua, il rabbi di Nazareth, era ebreo e il cristianesimo è nato in seno all’ebraismo. Con il popolo ebraico condividiamo la fede nell’unico Dio, Creatore, Rivelatore e guida della storia. Le Sacre Scritture di Israele costituiscono una parte cospicua della nostra Bibbia, senza contare che le basi della nostra visione dell’uomo e del mondo affondano le proprie radici nella cultura ebraica. Basti pensare a cosa la filosofia ebraica ha significato per lo sviluppo del concetto di Europa così come noi oggi lo conosciamo.
Purtroppo, i rapporti con i nostri fratelli maggiori, per più di diciannove secoli, sono stati avvelenati da rancori antichi ed incomprensioni…Questa situazione fortunatamente è mutata con il Concilio Vaticano II che ha dato un forte impulso al dialogo interreligioso, e in particolare al dialogo tra cristiani ed ebrei in virtù del legame unico che li unisce.
Oggi purtroppo viviamo in un periodo storico difficile: si stanno riaccendendo in vari paesi del mondo profondi sentimenti di avversione nei confronti degli ebrei, l’odio antisemita, sopito purtroppo solo sotto la cenere e mai eradicato completamente, sta riesplodendo in tutta la sua drammaticità. Tutto ciò deve allarmarci e deve richiamare fortemente la nostra coscienza, l’unico antidoto che abbiamo contro il dilagare di questo odio è il dialogo!
Per questo con l’Ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della diocesi non ci stanchiamo di promuovere il lievito buono del dialogo, affinché i cristiani e gli ebrei si riscoprano entrambi come i popoli dell’attesa: noi attendiamo che Gesù torni, Israele attende che il Messia arrivi, e in questa attesa lungi dall’allontanarsi, ebrei e cristiani non cessano di incontrarsi intorno al Messia e all’attesa di lui. I cristiani vivono il “già”, i nostri fratelli maggiori ebrei ci ricordano “il non ancora”.