Che differenza c’è tra un computer e uno specchio artigianale? Sinteticamente basterebbe fare notare che, a differenza del computer, il cui acquisto determina una graduale svalutazione, lo specchio, frutto delle mani sapienti dell’artigiano, potrebbe col tempo essere riconosciuto quale pezzo pregiato o almeno unico.
Attraverso questo esempio si potrebbe affrontare la fondamentale domanda sulla “qualità e perfezione” del docente e di come le Riforme abbiano recepito e reinterpretato tali istanze provvedendo a strutturare canali di formazione e selezione appositi.
In un sistema educativo impostato sulla conoscenza un docente deve dimostrare di essere preparato sui contenuti, trasformandosi in classe in erogatore di conoscenza attraverso la lezione frontale.
Tale sistema oggi è fondamentalmente superato o almeno relativizzato nella scuola delle competenze, che pone lo studente al centro del processo educativo. Allo stesso modo, nella prassi, la Buona Scuola ha rivisitato il ruolo del docente in modo assai rischioso, erodendo la libertà di insegnamento e stringendo il docente nella morsa della burocratizzazione.
Non è un caso che le famiglie e gli studenti oggi più che mai avvertano la distanza dal processo educativo, rivolgendo accuse al docente che valuta, che mostra atteggiamento anaffettivo, che “cambia classe ogni anno”.
Da parte sua, il ministero ha predisposto un piano specifico per formare un pool di docenti esperti, tutor e orientatori, per rispondere a queste criticità. I frutti saranno evidenti e analizzabili solo nel tempo, con attento e critico monitoraggio, ma ciò che ora è evidente è aver inserito il docente nel circuito fallibile della scuola “prestazionale”.
Il docente “bene di consumo”
È chiaro che continuare a riferirsi, in determinati contesti di giudizio e selezione, al docente come ad un “bene di consumo” (come il computer dell’esempio) danneggia non solo la dignità del lavoratore ma la professionalità di una intera categoria, che forse meriterebbe più che essere selezionata attraverso batterie di test (concorso), plasmata con maggiore cura (e qui si potrebbe chiedere quale tipo di approccio pedagogico abbia usato il ministero negli ultimi 40 anni per immettere in ruolo il personale che avrebbe poi accompagnato nuove generazioni di studenti alla scoperta della vita nella offerta prismatica delle discipline), come solo un artigiano appassionato avrebbe saputo fare (esempio dello specchio).
Non sarebbe il caso di smetterla di inventare nuovi e mille corsi a pagamento per disumanizzare i docenti e progettare invece percorsi di sostegno per accompagnarli, nonostante le fatiche del tempo, a riscoprire la passione per la “missione educativa”, loro primo amore “professionale”?
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Attualmente insegna IRC nelle scuole secondarie a Roma, collabora con l'equipe pastorale di Porto Santa Rufina per la formazione e la catechesi. Già baccelliere in teologia presso la PFTIM San Tommaso, ha approfondito gli studi di licenza in cristologia dogmatica. Dottore in Lettere e filologia moderna, è coautore di un saggio sul pensiero teologico e politico su Lutero, Calvino e Zwingl