Massimo Giuliani, La filosofia ebraica,
Editrice Morcelliana collana “els la scuola”
Brescia 2017, 280,
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<<Non v’è ambito dell’esperienza moderna che non abbia ricevuto il contributo creativo e innovativo di studiosi, filosofi e teologi del giudaismo. […] questa opera è una sinfonia del grande contributo del giudaismo alla cultura occidentale>> (dalla prefazione).
Con queste parole lo stesso autore presenta questo importante volume di divulgazione, scritto con cura e dovizia di particolari, che attraverso il pensiero dei maggiori nomi della filosofia ebraica, ma anche tramite la scoperta di nomi meno conosciuti, ci accompagna attraverso quasi 2000 anni di storia.
Il testo è di sicuro una lettura impegnativa e può essere suddiviso in cinque sezioni ognuna delle quali abbraccia una determinata epoca storica:
La prima sezione
si occupa dell’età antica e tardo antica e di quel fenomeno che ha preso il nome di “simbiosi ebraico-ellenistica”. Il primo incontro tra ebraismo e filosofia greca avviene nella città di Alessandria d’Egitto, città poliedrica, crocevia di importanti scambi culturali e culla di scienze come la medicina, l’astronomia e la filosofia di stampo neoplatonico.
In questa città avviene qualcosa di fondamentale che permetterà la commistione tra pensiero ellenistico ed ebraismo, un evento che permetterà la nascita di una speculazione filosofica di matrice ebraica: la traduzione della Torà dall’ebraico in greco nota con il nome di Septuaginta o più semplicemente traduzione dei LXX.
Con la traduzione dei LXX il mondo greco viene per la prima volta in contatto con le Scritture ebraiche e con concetti peculiari del loro mondo religioso: il monoteismo, il creazionismo, la fede in un’alleanza tra Dio e l’uomo. Il primo a studiare la Torà nella versione dei LXX è Filone di Alessandria che merita appieno il titolo di primo filosofo ebreo della storia, con il suo pensiero ha cercato di coniugare religione e filosofia neoplatonica, fede e ragione, creando, con la sua teoria dell’allegoresi, un sistema di pensiero da cui nessun studioso di Sacra Scrittura o filosofo dopo di lui è potuto prescindere.
L’incontro tra ebraismo e filosofia greca non è stato però dei più semplici, infatti mentre una parte dei maestri di Israele guardava al mondo greco con simpatia realizzando nella prassi una proficua commistione, un’altra parte di essi considerava la cultura ellenistica come qualcosa di negativo, qualcosa che, se studiata, avrebbe potuto allontanare gli ebrei dall’osservanza della Torà, in questo senso il testo riporta numerosi esempi di questa avversione presenti nel Talmud e nella Mishnà che è il primo grande codice normativo della religione ebraica.
La seconda sezione della filosofia ebraica
Si occupa dell’età medioevale e rinascimentale e della simbiosi ebraico-araba, scrive infatti l’autore: <<di filosofia ebraica si può parlare, in senso proprio, solo a partire dal IX-X secolo e soprattutto nell’ambito dell’impero musulmano>> (27), fu infatti grazie alla traduzione in arabo di molte opere filosofiche greche che anche il mondo ebraico fu spinto ad apprezzare la ricchezza di queste speculazioni metafisiche.
In questo periodo i filosofi ebrei si dividono in due categorie, coloro che assorbono la filosofia platonica e aristotelica e cercano di conciliarla con la religione utilizzando queste categorie filosofiche per meglio spiegare la fede, e coloro che ritengono inconciliabili filosofia, scienza e religione mantenendosi in una posizione più tradizionalistica.
Il filosofo ebreo più importante dell’epoca medioevale è senza dubbio Mosche ben Maimon ossia il Maimonide, la cui opera filosofica più importante è “La guida dei perplessi” scritta in arabo tra il 1180 e il 1190, nella quale l’autore coniuga ebraismo e aristotelismo, cercando di dimostrare come nella Bibbia e nella Tradizione ebraica siano presenti verità filosofiche su Dio e sul mondo.
L’avversione a Maimonide da parte del mondo rabbinico fu all’inizio molto decisa, lo accusavano infatti di diffondere idee in netto contrasto con il giudaismo tradizionale, in un secondo momento però questo pensatore è stato rivalutato da una parte del mondo ebraico che ha ritenuto le sue teorie un punto di partenza su cui costruire nuove speculazioni filosofiche.
Il XIII secolo vede anche la nascita di un complesso movimento mistico, che avrà una grande diffusione nei secoli successivi, noto come “qabbalah” che in un certo senso si contrapporrà agli sviluppi troppo razionalistici dell’impostazione maimonidea. In realtà, più che di un movimento unitario, si tratta di tante diverse scuole di pensiero accumunate da <<pratiche teosofiche e precise modalità esoteriche di interpretazione del testo sacro al fine di perseguire l’unione mistica con Dio>> (50), nate in Spagna e poi diffusosi nella Francia meridionale.
Da questo complesso arcipelago di pensieri nasceranno testi mistici di grandissima importanza per il mondo ebraico, il Sefer Yetzirà (libro della formazione) sulla creazione del mondo attraverso l’alfabeto ebraico e i dieci numeri principali, il Sefer ha bahir (libro della luce), il Sefer ha Zohar (libro dello splendore), da tutti considerato il grande capolavoro della qabbalah ebraica.
Terza sezione
Con la terza sezione, ci addentriamo appieno nell’età moderna, secondo il nostro autore è Baruch Spinoza il filosofo che <<può essere considerato come la cerniera tra la filosofia classica (soprattutto Maimonide) e il pensiero moderno, non solo ebraico>> (70). Nella sua opera più importante “Ethica ordine geometrico demonstrata” assistiamo ad un capovolgimento di prospettiva, la dimensione religiosa non è più primaria ma viene inglobata dalla dimensione politica, Dio non è più un essere giusto, buono e provvidenziale, Spinoza lo spoglia di tutte le sue caratteristiche morali e psicologiche tradizionali descrivendolo solo come sostanza, la più immanente realtà di tutte le cose e nulla più.
A raccogliere le provocazioni della filosofia spinoziana, ma mantenendosi fedele alla tradizione religiosa ebraica fu Moses Mendelssohn importantissimo pensatore e padre dell’illuminismo ebraico, ossia l’Haskalà, vasto movimento culturale nato in Germania nel XVIII e poi estesosi nel resto dell’Europa e anche oltre oceano.
Sulla scia dell’Illuminismo europeo l’Haskalà voleva promuovere un ripensamento dei fondamenti del giudaismo facendolo interagire con la modernità e promuovendo l’emancipazione degli ebrei tedeschi ed europei. Il XVIII secolo sarà teatro della nascita di un secondo importante movimento in seno all’ebraismo, il Chassidismo, sviluppatosi tra gli ebrei askenaziti di Polonia e Ucraina che in un certo senso va a contrapporsi alle derive troppo razionalistiche dell’Haskalà, per il chassidismo, che affonda le sue radici nelle speculazioni mistiche della Qabbalah, l’obbiettivo ultimo di ogni pio ebreo doveva essere quello di unire la propria anima a Dio, questa unione poteva essere raggiunta attraverso lo studio teologico e attraverso la pratica di precise tecniche mistiche e psicologiche.
Padre di questo importante movimento è Israel ben Eliezer meglio conosciuto come Ba’al Shem Tov, che divenne grazie ai suoi insegnamenti l’emblema di una nuova spiritualità popolare, <<la grande risposta ebraica alla crisi dei primi secoli moderni e all’inquietudine che il primato della razionalità aveva instillato>> (97).
La quarta sezione
La quarta sezione del testo ci conduce nell’età contemporanea, due sono gli avvenimenti del ‘900 che hanno segnato in maniera profonda il mondo ebraico: la tragedia immane della Shoah e la creazione dello Stato di Israele nel maggio del 1948, questi eventi <<hanno modificato l’autocoscienza ebraica ponendo nuove istanze di identità e nuove urgenze non solo agli ebrei in quanto individui ma anche al Giudaismo come antica tradizione religiosa, culturale, etnica e politica>> (116).
Da un punto di vista filosofico e teologico, ma anche politico e culturale, ci troviamo di fronte ad una certa effervescenza, importante è la nascita, a cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, del movimento sionista che affonda le sue radici in alcuni grandi temi del Romanticismo e nella convinzione che gli ebrei avessero diritto ad essere riconosciuti come popolo e ad avere una patria ben definita individuata nella Palestina, terra promessa da Dio ai discendenti di Abramo.
Il Sionismo è di certo la corrente di pensiero che maggiormente ha influenzato il pensiero ebraico lungo il XX secolo, e che ha visto concretizzato il sogno di avere uno Stato di Israele nel ’48, all’indomani della Shoah, che aveva fatto piombare il mondo ebraico in una sorta di buco nero, questo evento è stato accolto come il segno dell’avvento di una nuova era per gli ebrei di tutto il mondo.
Un altro aspetto che l’autore sottolinea in questa sezione è il contributo del pensiero ebraico allo sviluppo delle scienze umane, prime fra tutte la psicologia, con la nascita della psicoanalisi grazie al medico e psicologo ebreo Sigmund Freud, ma anche la sociologia e la pedagogia.
Infine, importante argomento ampiamente sviluppato dall’autore in questa sezione sono gli sviluppi della simbiosi ebraico tedesca, qui spiccano i nomi di importanti filosofi come Hermann Cohen che individuò nell’etica Kantiana la più alta espressione della filosofia tedesca e fece coincidere quest’ultima con l’etica ebraica così come era stata tramandata nel Talmud, per questo autore era impossibile pensare l’ebraismo al di fuori della cultura tedesca e per tutta la vita fu convinto che una volta compresa la convergenza tra etica ebraica e filosofia Kantiana tutti gli ebrei disseminati nel mondo avrebbero individuato nella Germania la loro patria spirituale.
Altro importante nome è quello di Martin Buber, la sua opera più importante “Ich und Du- Io e Tu” è considerata da tutti il manifesto della filosofia della relazione e del pensiero dialogico, <<una magna charta del Personalismo e dell’Umanesimo di ispirazione religiosa>> (159).
L’ultima sezione della filosofia ebraica
La quinta e ultima sezione del testo è composta dai capitoli VI, VII e VIII dove l’autore si occupa della simbiosi ebraico –russa, del pensiero ebraico di lingua francese a cavallo tra ‘800 e ‘900 e degli sviluppi della teologia ebraica in America.
Come già detto in precedenza il testo è una lettura di certo impegnativa, alcune sezioni risultano più scorrevoli, altre, in particolare quelle dove l’autore nomina, spesso semplicemente elencandoli, un gran numero di pensatori ebrei poco conosciuti senza addentrarsi nel loro pensiero risultano essere più ostiche , l’intendo dell’autore è di certo quello di non tralasciare nessuno e di fornire un gran numero di dettagli e particolari, ma il risultato è quello di appesantire troppo il testo che diventa in questo modo poco scorrevole nella lettura.
Il testo raggiunge comunque, in maniera egregia, l’obbiettivo che si prefigge: dimostrare che il pensiero ebraico ha influenzato le società nelle quali gli ebrei hanno vissuto.
Quello che rimane al lettore chiusa l’ultima pagina è la consapevolezza che il genio ebraico ha dato molto allo sviluppo della cultura occidentale, europea e americana, abbracciando quasi tutti gli ambiti dello scibile umano.
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Teologa, studiosa di ebraismo e appassionata di astronomia. Impegnata da anni nel dialogo Interreligioso, docente di religione e docente di ebraico ed esegesi dell’A.T. presso ISSR San Matteo (SA).