Che razza di ebreo sono io
di Bruno Segre
Casagrande edizioni,
Bellinzona 2016,125 p.
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Dopo avervi proposto la lettura dell’ebraismo e della sua filosofia nel testo “La Filosofia Ebraica” di M.Giuliani; il rapporto teologico tra ebraismo e cristianesimo nel testo di B. Forte “La Santa radice” ; voglio chiudere questo ideale trittico di lettura di intruduzione all’ebraismo con un testo che è la storia di un importante intellettuale ebreo e la sua visione dello stato ebraico.
“Già, che razza di ebreo sono io? E’ una domanda che mi sto ponendo da un po’di tempo. Sarò forse capace di risponderle il giorno in cui, finalmente, diventerò adulto?”
Con questa domanda ricca di tensione e di fine ironia si conclude il libro intervista a Bruno Segre, uno dei più illustri intellettuali ebrei del nostro tempo, curato dallo storico della cultura italiana del XX secolo Alberto Saibene.
Il testo, attraverso un susseguirsi serrato di domande e risposte ripercorre tutta la vita di Bruno, la storia della sua famiglia che si intreccia con le grandi e tristi vicende del XX secolo: le leggi razziali, la seconda guerra mondiale e la shoah…una storia personale intensa che diventa, come afferma lo stesso Saibene, “paradigma di un popolo irrequieto che non ha mai smesso di interrogarsi su se stesso”.
Bruno Segre nasce a Meggen nelle vicinanze di Lucerna nel 1930 da genitori di origine ebraica stabilitisi a Milano. Nel 1938, con l’entrata in vigore in Italia delle leggi razziali, il piccolo Bruno prende brutalmente coscienza della propria identità ebraica quando è costretto ad abbandonare la scuola pubblica, prima di quella data infatti non aveva ricevuto nessuna educazione religiosa essendo i suoi genitori di stampo profondamente laico, oltre che cosmopoliti e antifascisti.
Segre e la seconda guerra Mondiale
Durante le terribili vicende della seconda guerra mondiale Bruno perde prematuramente il padre, la madre assume con coraggio e forza il ruolo di capofamiglia, insieme a lei e alla sorella sono costretti ad abbandonare la casa paterna e dopo la città di Milano in seguito ai violenti bombardamenti del 1942 per rifugiarsi a Bergamo fino all’armistizio del 1943.
Dopo questa data l’Italia si ritrovò in un periodo di profonda confusione, in seguito all’invasione dell’Italia settentrionale da parte dei tedeschi la famiglia Segre decise di fuggire da Bergamo alla volta di Ascoli dove li attendevano degli amici, cercando di avvicinarsi in questo modo sempre di più alla linea del fronte nell’Italia meridionale che delimitava il territorio già liberato dagli alleati anglo-americani.
Ad Ascoli la famiglia rimase fino alla fine della guerra nel 1945, lì vennero a conoscenza delle prime notizie relative alla Shoah. Tornati a Milano, racconta Bruno, fu molto difficile ritornare alla normalità, la città era un cumulo di macerie, le persone stremate e affamate.
Lentamente la vita riprese a scorrere e Bruno riuscì a conseguire il diploma classico, ad iscriversi alla facoltà di Filosofia e conseguire la laurea nel 1952 con Antonio Banfi. Negli anni seguenti lavorò per Movimento Comunità, partito politico di orientamento socialista e liberal democratico e scrisse per la loro rivista “Comunità” avendo modo di occuparsi anche della nascita dello Stato ebraico avvenuta nel 1948 e collaborando con Adriano Olivetti, fondatore sia del movimento che della rivista.
Riflessioni sui rapporti tra stato ebraico e palestinesi
Nella seconda parte dell’intervista le domande si incentrano soprattutto sulla nascita dello Stato Ebraico, sui rapporti di Segre con Israele, su tutte le problematiche ancora oggi aperte per quanto riguarda i rapporti tra ebrei e palestinesi.
In queste pagine Bruno, con estrema lucidità, racconta dei suoi primi viaggi in Israele, dell’atmosfera che si respirava in questo paese neonato e della forza delle persone che incontrava,
“Donne e uomini non tanto preoccupati di chiudere i conti con le atrocità, tutte europee, di un recente passato, quanto protesi a guardare avanti, pieni di estro creativo, impegnati a costruire un futuro di libertà per sé e per i propri figli” (p 53).
Racconta dei Kibbutz, comunità di ebrei nate in Israele e basate su regole rigidamente egualitarie e sul concetto di proprietà comune, parla della Guerra dei sei giorni nel 1967, evento che determinò un’autentica svolta nella storia del giovane stato ebraico, la sconfitta della coalizione di stati arabi da parte dell’esercito ebraico generò un’ondata di giubilo in Israele e nella diaspora e portò lo Stato di Israele a sentirsi quasi oggetto di uno speciale predilezione divina.
Narra di come lentamente lo Stato ebraico, di stampo prettamente laburista alla nascita, si sia trasformato in un paese sempre più di destra, un paese dove oggigiorno la differenza tra destra e sinistra sta solo sulle divergenze circa la gestione del rapporto e del conflitto con i palestinesi, di come lentamente anche tra gli ebrei della diaspora si è arrivati a pensare che essere contro il partito sionista ( destra) equivalga ad essere filoarabi e antisemiti.
Parla infine in maniera molto chiara della sua posizione riguardo al conflitto tra ebrei e palestinesi, vedendo in un’apertura da parte dello stato ebraico verso i palestinesi con la concessione di una parte di terra l’unica soluzione ad un conflitto che si perpetra già da troppi decenni e che ha trasformato Israele da popolo oppresso in un popolo oppressore.
Un aspetto negativo da sottolineare proprio relativo a questa seconda parte è la mancanza di un approfondimento maggiore di alcuni temi delicati che interessano la geopolitica da parte del curatore che pone le domande, spesso c’è un cambio improvviso di argomenti che sembra lasciare qualcosa di monco in colui che sta leggendo.
Conclusioni
In conclusione il testo risulta essere di piacevole lettura, da ogni pagina traspare la saggezza di un uomo che ha vissuto sulla sua pelle tutti i drammi e le contraddizioni di un intero secolo, soprattutto la seconda parte risulta essere particolarmente interessante per tutti gli interrogativi che solleva riguarda all’attuale situazione in Medio Oriente, spinge il lettore a porsi delle domande riguardo al conflitto oggi in atto tra Ebrei e Palestinesi, cosa molto proficua in un mondo in cui spesso tendiamo a dimenticarci o a non interessarci di ciò che succede al di fuori dei confini della nostra casa.
Il libro è una passeggiata, una bella passeggiata in compagnia di un grande uomo, un intellettuale critico riguardo a tutto ciò che è stata la sua storia e quella del suo popolo, un padre e nonno che si racconta lasciando in chi lo ascolta qualcosa di sé!
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Teologa, studiosa di ebraismo e appassionata di astronomia. Impegnata da anni nel dialogo Interreligioso, docente di religione e docente di ebraico ed esegesi dell’A.T. presso ISSR San Matteo (SA).