Religione e superstizioni hanno sempre alimentato interesse particolare e pruriginoso nella vita di ciascuno perché abitano il non-luogo tra il lecito e l’illecito, il serio e il faceto, il possibile e l’immaginario, talvolta spingendosi fino al trasgressivo e macabro.
Il testo di Jean-Claude Schmitt descrive in modo analitico e con stile accademico elencativo il limbo generatore di credenze alternative in un momento cruciale del suo sopravvivere: il medioevo, crocevia delle influenze pagane e ingenue interpretazioni pastorali cristiane.
L’autore sottopone all’attenzione del lettore le fonti, i documenti, le sentenze, le leggende in circolazione, le dicerie trascritte nelle lettere allarmate dei monaci francesi e tedeschi tra l’XI e il XII secolo, che evidenziano l’ambiguità e la confusione in ambito ecclesiastico generate da decisioni eterogenee assunte dalle autorità nelle diverse comunità locali tali da consentire una graduale assimilazione delle tradizioni antiche, romane, celtiche e pagane, nel gran calderone della dottrina medievale cristiana.
Il testo, anche se ad una lettura sommaria appaia eccessivamente frazionato in sottocategorie, permette di cogliere il panorama composito del medioevo nella sua essenza quotidiana in rapporto alla religione.
Ad una successiva riflessione è possibile infatti quasi respirare il clima esistenziale di un pellegrino di quel tempo, dedito alla preghiera ma intimorito dai segni “superstiziosi” del volo degli uccelli, devoto al culto dei santi ma ossessionato dal miracolismo o dalla vendita delle reliquie.
Emerge dunque la distanza tra una fede teorizzata e una fede incarnata nelle periferie dove è difficile isolare la retta dottrina dalle influenze spirituali e tradizionali pregresse. Per questo motivo, tra XI e XII secolo, le autorità monastiche (come Cluny) si assumono l’onere di approfondire le pratiche “ambigue” scardinando quelle palesemente “superstiziose” e trattenendo fino ad assimilare quelle utili a rispondere alle esigenze di fede popolare.
Si ufficializzano così feste fortemente identitarie, radicate nelle tradizioni contadine e pastorali, spogliandole, ove possibile, dalle vecchie interpretazioni contrarie alla dottrina morale della Chiesa.
Le riflessioni sul mondo dei morti, sulla possibilità di contatto tra morti e vivi (anche attraverso la preghiera), sul Purgatorio e le anime purganti, si strutturano gradualmente in questo periodo e producono atteggiamenti e pratiche non sempre lecite.
I mediatori del superstizioso, streghi e streghe, ciarlatani, veggenti e maghi, gradualmente sono esclusi e condannati dalla società ma continueranno ad operare per l’interesse al macabro, all’ignoto e all’ambiguo presente nelle comunità periferiche.
Aleggia nel testo, infine, la presenza di quell’organo di controllo che, con la medesima gradualità, si strutturerà al punto da assumere il potere di denunciare e condannare chi si macchierà di reati contro la retta dottrina, inquinando la fede degli umili: l’Inquisizione.
Un testo da leggere nel tempo libero, se si vuol superare la visione a due dimensione delle realtà di fede espresse nei riti, nelle festività, nelle liturgie antiche, moderne e contemporanee. Non per tutti.
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Attualmente insegna IRC nelle scuole secondarie a Roma, collabora con l'equipe pastorale di Porto Santa Rufina per la formazione e la catechesi. Già baccelliere in teologia presso la PFTIM San Tommaso, ha approfondito gli studi di licenza in cristologia dogmatica. Dottore in Lettere e filologia moderna, è coautore di un saggio sul pensiero teologico e politico su Lutero, Calvino e Zwingl