Può sembrare strano ritornare a parlare della Bolla di indizione del Giubileo, pubblicato il 9 maggio, quando siamo ormai a ridosso dell’apertura della Porta Santa prevista il prossimo 24 dicembre. Eppure questa scelta è dettata dal fatto che l’attualità del “programma giubilare” si coglie forse meglio quando si è nell’imminenza dell’inizio concreto del cammino.
Saremo infatti chiamati ad essere Pellegrini di Speranza, una speranza che non delude, come recita proprio l’espressione paolina che dà il nome al documento di Papa Francesco: «Spes non confundit» (Rm 5,5).
Viviamo un tempo in cui è necessario riappropriarci del gusto della speranza per recuperare la dimensione più profonda della nostra umanità. In fondo è anche questo il senso che ha voluto rimarcare il Papa con la sua ultima enciclica dedicata al Sacro Cuore di Gesù, la Dilexit nos, di cui abbiamo parlato qualche settimana fa.
Come mette in evidenza Papa Francesco «nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé» (SNC 1).
Vivere l’anno giubilare con il giusto spirito serve proprio ad intercettare quel desiderio sopito nel cuore dell’uomo:
«l’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza» (SNC 1)
Occorre lasciarsi guidare dalla Parola di Dio e riscoprire le ragioni che guidano ciascuno a compiere con fiducia questo pellegrinaggio nella vita, questo cammino nella speranza.
La speranza
La Speranza è «sempre rinnovata e resa incrollabile dall’azione dello Spirito Santo» (SNC 3). Ciò la porta ad essere una grazia che opera anche ben al di là dei confini dei battezzati, ma che trova nella Chiesa il fondamento e il sacramento da cui si irradia sull’intera umanità.
Come spiega ancora Papa Francesco «è infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino» (SNC 3).
Richiamando il pensiero di San Paolo (che accompagna passo passo la riflessione giubilare) il papa ritorna di continuo alla Lettera ai Romani nella quale l’apostolo mette in evidenza come la vita sia fatta di gioie e di dolori e che l’amore (anche la consapevolezza dell’amore di Dio per noi) viene messo alla prova «quando aumentano le difficoltà e la speranza sembra crollare davanti alla sofferenza».
Eppure – sottolinea Papa Francesco – «in tali situazioni, attraverso il buio si scorge una luce: si scopre come a sorreggere l’evangelizzazione sia la forza che scaturisce dalla croce e dalla risurrezione di Cristo. E ciò porta a sviluppare una virtù strettamente imparentata con la speranza: la pazienza» (SNC 4).
Qui si snoda il passaggio cruciale forse dell’intero documento, quel legame tra speranza e sapienza che è la traccia su cui è chiamato a svilupparsi l’intero cammino giubilare. Un cammino che fa da contraltare alle abitudini mondane, quelle abitudini, quell’assuefazione al modo di pensare comune, che sono spesso indicati dal papa come i veri rischi a cui è esposto l’uomo di oggi:
«Siamo ormai abituati a volere tutto e subito, in un mondo dove la fretta è diventata una costante. Non si ha più il tempo per incontrarsi e spesso anche nelle famiglie diventa difficile trovarsi insieme e parlare con calma. La pazienza è stata messa in fuga dalla fretta, recando un grave danno alle persone. Subentrano infatti l’insofferenza, il nervosismo, a volte la violenza gratuita, che generano insoddisfazione e chiusura» (SNC 4).
Riflessione
Fermiamoci un attimo a riflettere e annotiamo come siano proprio questi gli aspetti peculiari che dettano i tempi della nostra quotidianità. E qui il papa nel suo originale stile magisteriale lega “magistralmente” – è il caso di dirlo – la fotografia della realtà con i temi che hanno caratterizzato il suo pontificato:
«nell’epoca di internet, inoltre, dove lo spazio e il tempo sono soppiantati dal “qui ed ora”, la pazienza non è di casa. Se fossimo ancora capaci di guardare con stupore al creato, potremmo comprendere quanto decisiva sia la pazienza. Attendere l’alternarsi delle stagioni con i loro frutti; osservare la vita degli animali e i cicli del loro sviluppo; avere gli occhi semplici di San Francesco che nel suo Cantico delle creature, scritto proprio 800 anni fa, percepiva il creato come una grande famiglia e chiamava il sole “fratello” e la luna “sorella”. Riscoprire la pazienza fa tanto bene a sé e agli altri. San Paolo fa spesso ricorso alla pazienza per sottolineare l’importanza della perseveranza e della fiducia in ciò che ci è stato promesso da Dio, ma anzitutto testimonia che Dio è paziente con noi, Lui che è «il Dio della perseveranza e della consolazione». La pazienza, frutto anch’essa dello Spirito Santo, tiene viva la speranza e la consolida come virtù e stile di vita» (SNC 4).
Unitamente alla già richiamata Dilexit nos, Evangelii gaudium, Laudato si’, Fratelli tutti sono le linee guida che ci permettono di entrare nello stile giubilare.
Ecco che allora è bene che «impariamo a chiedere spesso la grazia della pazienza, che è figlia della speranza e nello stesso tempo la sostiene» (SNC 4) perché «da questo intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù» (SNC 5).
In fondo il Giubileo non serve ad altro che a questo: farci mettere in cammino per incontrare Gesù. Con pazienza, animati dalla speranza, guidati dall’amore.
Facciamoci dunque pellegrini… e buon cammino.
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Nel corso degli anni ha fatto suo il motto paolino «guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9, 16). È avvocato, giornalista pubblicista, docente e catechista. Specializzato in teologia fondamentale presso la PFTIM - Sezione “San Luigi” con una tesi sulla fede popolare, ha approfondito nei suoi studi il magistero post-conciliare e in particolare quello di Papa Francesco. È direttore organizzativo del Festival della Teologia “Incontri”.