La stretta relazione tra l’uomo e la terra è evidenziata fortemente dalla teologia biblica, l’essere umano (adam) è fatto di terra (adamah), la terra gli appartiene, fa parte del suo stesso corpo. La terra allora è madre, lo è perché segue il proprio ritmo attraverso le stagioni, passa dalla fecondità alla sterilità, sostenta tutti gli esseri viventi, ha cura di loro, accoglie tra le sue braccia.
La Madre terra assorbe in sé tutte le caratteristiche proprie della maternità, della femminilità. Partorisce, preserva e custodisce. Un’importante e lontana testimonianza di ciò risale alle religioni primitive dove un ruolo fondamentale acquisivano le Veneri, formose statue femminili, che raffiguravano donne incinte, capaci di dare la vita e nutrire i propri figli, collegate al culto della dea- madre che raccoglieva i suoi figli nel suo grembo al momento della morte.
Alcuni di questi temi sono interpretati allegoricamente nel culto mariano, trasferendo alla Vergine Maria simboli e attributi che i popoli più antichi avevano riferito alla Madre Terra. Numerosi esempi di associazione di Maria con la Terra provengono dalla tradizione siriaca e dalla tradizione ortodossa.
Al di là dell’origine del culto della Vergine Maria è interessante scoprire la pregnanza simbolica di questa associazione, scrive ad esempio Efrem il Siro
«La terra è il corpo di Maria, questo tempio nel quale è stato deposto un seme…» (Diatessaron 4, 15: SC 121, 102).
Nella tradizione ortodossa la Madre di Dio riecheggia la trasfigurazione e la divinizzazione della terra.
Un ulteriore aspetto del culto della Madre Terra in chiave mariologica è l’attribuzione alla Vergine Maria delle caratteristiche della donna sulamita del Cantico dei Cantici. Ad esempio Giovanni Damasceno in un’omelia sulla Dormizione di Maria, riprendendo alcuni versetti del Cantico dei Cantici, scrive:
«Sei un fiore dei campi, sei come un giglio in mezzo alle spine, per questo le fanciulle ti hanno amato. Noi corriamo alla fragranza dei tuoi profumi; il re ti ha introdotto nelle sue stanze»[1]
L’allegoria più utilizzata è sicuramente il giardino in riferimento alla fecondità di Maria e alla sua verginità nella suggestione della simbologia del “giardino chiuso, fonte sigillata” (Ct 4,12) perché è totalmente di Dio e per Dio.
Il senso di responsabilità che dovrebbe spingerci ad ascoltare il grido della terra (Cfr LS 49) dovrebbe sensibilizzarci a concepire la terra come una madre che nella sua abbondanza continua a donarci la vita attraverso i suoi frutti, la bellezza e il valore della cura, a donarci in molti casi, purtroppo aridità e sterilità spesso a causa dell’uomo.
Il grido della Terra che “geme e soffre le doglie del parto” (Rm 8,22), continua a rimbombare nel silenzio delle foreste devastate dalla mano dell’uomo, nell’aridità della terra che brama acqua, nella catastrofe dei cambiamenti climatici.
Tutto ciò sollecita la nostra responsabilità, una responsabilità non solo individuale ma comunitaria che sappia operare scelte concrete per realizzare finalmente quella “conversione ecologica” già evocata da Giovanni Paolo II nel 2001.
[1] comunità di bose (a cura di), Maria, Testi teologici e spirituali dal I al XX secolo, Milano, 2000, 325.
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Teologa e consulente familiare, da anni docente di religione e della scuola di comunicazione e di Consulenza Familiare di Napoli. È direttore del Consultorio familiare Agape ODV e appassionata di teologia della famiglia e psicologia.