Dallo scontro all’incontro. È giunto il tempo della collaborazione.
Nel passato psicologia e teologia si sono spesso date battaglia, passando dalla resistenza ad attacchi reciproci, non procurando altro che l’allontanamento di entrambe dal loro interesse principale: la comprensione dell’uomo nella sua integrità psicologica, fisica e spirituale. Le fasi di questo scontro si possono ravvisare in quelle che B. Forte definisce resistenza, indifferenza, resa ed integrazione.
La prima si sostanzia nella prudente diffidenza del «teologo “serio” nei riguardi di una disciplina empirica, tanto molteplice nel suo presentarsi, quanto inaffidabile nella sua eventuale pretesa di oggettività»(1).
L’indifferenza si esprime nell’atteggiamento di chiusura, da parte di entrambe le discipline, derivante dalla presunzione di totalità del proprio campo d’indagine, con il risultato di perdere il beneficio del contributo che esse possono vicendevolmente apportare.
Si assiste alla resa invece quando la crisi valoriale postmoderna conduce alla caduta d’interesse dei grandi orizzonti di senso, rendendo più conveniente fermarsi all’uomo e ai suoi bisogni esulando dalla prospettiva del trascendente. L’attenzione della teologia e della psicologia verso l’uomo rileva certamente l’esigenza di una strada per l’integrazione di entrambe.
Via maestra della collaborazione tra le due discipline è senza dubbio il dialogo, le cui basi furono poste per la prima volta da Pio XII nella costituzione apostolica Sedes Sapientiæ che dichiarava la necessità, per il sacerdote, di apprendere ed impiegare la psicologia, la pedagogia e le altre scienze umane; inoltre stabiliva che per la sua formazione dovevano essere usati tutti i mezzi psicologici opportuni (2).
Il concilio Vaticano II
Grazie soprattutto al Concilio Vaticano II si è passati ad una volontà vera di costruire un rapporto di collaborazione e dialogo che, purtroppo, non sempre si è verificato. La prospettiva aperta dal Concilio risolve almeno due secoli di contrasti tra psicologia e teologia e riconosce alla psicologia il contributo in tre aree specifiche: l’opera di formazione dei candidati al sacerdozio, la preparazione pastorale e l’indagine teologica. Importante è notare lo spirito di questo contributo in modo particolare nella Gaudium et Spes:
«nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia buon uso non soltanto dei princìpi della teologia ma anche delle scoperte delle scienze profane, in primo luogo della psicologia e sociologia, cosicché anche i fedeli siano condotti a una più pura e più matura vita di fede» (GS 62)
Viene sottolineato per la prima volta il contributo della psicologia per la maturità cristiana: vivere in maggior profondità i valori della sequela di Cristo attraverso un processo di integrazione progressiva fra le strutture della personalità e le esigenze poste dai valori cristiani.
Questa è la interdisciplinarità. Nonostante queste direttive, ancora oggi, la psicologia sembra rimanere uno strumento al quale ricorrere solo per ragioni terapeutiche. Un dialogo difficile quello tra teologia e psicologia che spesso non trova altra strada se non un atteggiamento critico a priori.
Freud
L’ateismo di Freud fu la causa principale della separazione tra psicologia e religione. Freud, infatti, riteneva la religione la nevrosi ossessiva universale. Per il fondatore della psicanalisi la religione era una pura finzione, un’illusione destituita di ogni valore reale dalla quale il genere umano avrebbe dovuto liberarsi e a cui si sarebbe dovuta sostituire la psicanalisi che egli affermò essere non un’illusione ma una realtà.
Oggi è necessario invece creare ponti per porsi in dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo spesso fragili, feriti e in cerca del senso della vita.
È opportuno ancora di più per rispondere ai bisogni più profondi dei giovani e delle coppie che in questi ultimi anni, anche a causa della pandemia, sono caduti nel baratro della solitudine e dell’indifferenza, nella disperazione per la perdita del lavoro. Teologi e psicologi non possono sottrarsi a questa esigenza, ognuno nel suo ambito di competenza, è chiamato a interloquire con l’altro per il bene comune.
1) B. forte, Teologia e psicologia: resistenza, indifferenza, resa o integrazione? in f. imoda (cur.), Antropologia interdisciplinare e formazione, EDB, Bologna 1997, 79.
2) pio xii, Sedes Sapientiae, in AAS 48 (1956), 354-365.
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Teologa e consulente familiare, da anni docente di religione e della scuola di comunicazione e di Consulenza Familiare di Napoli. È direttore del Consultorio familiare Agape ODV e appassionata di teologia della famiglia e psicologia.