Riscopriamo il cuore di Gesù

Papa Francesco non manca mai di sorprendere. In un mondo soffocato dai conflitti, in una società sempre più piegata su sé stessa, con una umanità sempre più alienata e schiava del metaverso e della dittatura degli algoritmi digitali, il papa decide di ripartire dall’essenziale, dedicando la sua quarta enciclica, Dilexit nos (Ci ha amati), all’importanza della devozione al cuore di Gesù.

Perché l’urgenza di rimettere al centro della riflessione una forma devozionale che rimanda le sue radici alla seconda metà del ‘600? Forse perché oggi più di ieri è necessario recuperare la bellezza della centralità del cuore per riconoscere la propria piena identità e la propria piena umanità.

La fotografia è dura ma concretamente reale: «quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore» (DN 2).

Ecco perché dunque occorre ripartire da lì, dal cuore umano e dal cuore di Gesù, in cui il popolo cristiano riconosce la sorgente unica ed inesauribile dell’amore.

Il documento si struttura in cinque parti:

  • la prima dedicata al concetto stesso di “cuore”, da un punto di vista tanto antropologico, quanto sociologico, quanto teologico;
  • la seconda dedicata a ciò che dal cuore promana, ossia i gesti e le parole d’amore;
  • la terza al valore simbolico e teologico del cuore di Gesù;
  • la quarta alle dinamiche d’amore incarnate nella Sacra Scrittura;
  • la quinta all’esperienza di alcuni santi profondamente legati a questa devozione.

Un cammino che ripercorre il cuore della tradizione devozionale per sottolinearne la profonda attualità ancora oggi. Emerge così di continuo quell’approccio pastorale del papa che più direttamente parla al nostro quotidiano.

Del resto, come osserva Francesco, «il cuore è il luogo della sincerità, dove non si può ingannare né dissimulare. Di solito indica le vere intenzioni, ciò che si pensa, si crede e si vuole realmente, i “segreti” che non si dicono a nessuno, insomma la propria nuda verità. Si tratta di quello che non è apparenza né menzogna bensì autentico, reale, totalmente personale» (DN 4). Forse è per questo che fa tanta paura…

Come di fronte a uno specchio, quello che al mattino e alla sera ciascuno dovrebbe avere la forza (e la coscienza) di guardare, papa Francesco ci pone di fronte alla cruda verità:

«Invece di cercare soddisfazioni superficiali e di recitare una parte davanti agli altri, la cosa migliore è lasciar emergere domande che contano: chi sono veramente, che cosa cerco, che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, perché e per quale scopo sono in questo mondo, come valuterò la mia esistenza quando arriverà alla fine, che significato vorrei che avesse tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio. Queste domande mi portano al mio cuore» (DN 8).

Ecco che allora, chiarisce il papa, (rendendo così evidente la profonda connessione spirituale che lega la Dilexit nos alle precedenti encicliche Laudato sì e Fratelli tutti), che «dobbiamo tornare alla Parola di Dio per riconoscere che la migliore risposta all’amore del suo Cuore è l’amore per i fratelli; non c’è gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore» (DN 167). In fondo è quello che andava ripetendo di continuo anche Gesù: «Tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,14).

Ecco dunque che Papa Francesco chiarisce la portata dell’intero documento e, probabilmente, del suo intero magistero:

«L’amore per i fratelli non si fabbrica, non è il risultato di un nostro sforzo naturale, ma richiede una trasformazione del nostro cuore egoista. Nasce allora spontaneamente la ben nota supplica: “Gesù, rendi il nostro cuore simile al tuo”» (DN 167).

In un mondo lacerato dalle guerre, dall’odio, dalle divisioni, dalla sopraffazione, l’unica speranza da coltivare sta proprio qui. Ricordarsi di avere un cuore e renderlo sempre più conforme al cuore di Gesù.

Sarebbe una “ricetta politica” rivoluzionaria. Il grido profetico di papa Francesco prova a ricordarlo ancora una volta. Ri-cordare, riportare al cuore. È il contrario di s-cordare, fare uscire via dal cuore. Ecco che allora per ricostruire cammini di pace, di amore, di fraternità basterebbe ri-cordare (e non s-cordarsi) che siamo tutti fratelli e sorelle, che siamo tutti figli della stessa umanità, che siamo tutti esseri umani, con una eguale, piena, dignità.

Vito Rizzo teologo ,giornalista,pubblicista
rizzovito76@gmail.com | + posts

Nel corso degli anni ha fatto suo il motto paolino «guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9, 16). È avvocato, giornalista pubblicista, docente e catechista. Specializzato in teologia fondamentale presso la PFTIM - Sezione “San Luigi” con una tesi sulla fede popolare, ha approfondito nei suoi studi il magistero post-conciliare e in particolare quello di Papa Francesco. È direttore organizzativo del Festival della Teologia “Incontri”.

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