Talebani, scuola e religione

In estate abbiamo assistito impotenti all’avanzata dei Talebani in Afghanistan, che ha fatto apparire l’abbandono programmato delle truppe americane una vera e propria fuga. In effetti, aver consentito il rientro senza opposizione alcuna delle forze miste talebani in meno di venti giorni totali, lascia seri punti di domanda sulla struttura governativa issata, istruita alla occidentale, incapace di reggersi in piedi da sola dopo quindici lunghi anni.

La notizia della rapidità della riconquista ha lasciato subito il posto alla denuncia delle violenze contro i più fragili; la condanna unanime alla strumentalizzazione della religione (e, direi, della religiosità) ottemperata grazie alla profonda ignoranza della popolazione che, pare, abbia contribuito a velocizzare il processo di annessione dei territori.

E non deve apparire strano che le prime teste a saltare siano state quelle di esponenti di cultura, rappresentanti dell’istruzione, docenti, volontari e mediatori culturali. Ad essere cancellata dal primo momento è stata l’idea di Scuola.

Da qui nasce la mia riflessione. 

In estate (e a cadenza stagionale), similmente alla tortura della goccia cinese, è nato un polverone mediatico sulla scelta (obbligo di legge) di riaprire la stagione dei concorsi per i docenti di tutte le discipline, menzionando anche Irc (“Insegnamento della Religione Cattolica” per i più romantici). La descrizione delle reazioni sui social e in giro per i media è semplice: DELIRIO.

Non nascondo che in questa scazzottata verbale a reti unificate sono nati interessanti circoli di confronto che hanno permesso di mettere in risalto la valenza della disciplina nel piano formativo e nella crescita integrale dell’individuo, con buona pace degli amici dell’UAAR intenti a dimostrare razionalmente come quell’86-87 % dell’utenza scolastica favorevole fosse affetta da qualche sconosciuto morbo dottrinale.

Il frutto di queste preoccupazioni è raccolto nella richiesta di alcuni esponenti della politica e della cultura (?) di cancellare la disciplina perché “tanto se ne parla già in altre materie”. In effetti abbiamo visto come gli studenti conoscano oggi l’arte, la storia e, udite udite, la geografia, dopo i tagli subiti negli ultimi decenni. Occorre essere onesti: se per le materie menzionate la ragione è stata prioritariamente economica, per l’Irc si aggiunge un pesante pregiudizio ideologico ciclico.

L’Afghanistan ci insegna indirettamente la Costituzione italiana e l’anima delle sue norme, il respiro dei Padri costituenti, l’anelito di pace e responsabilità a guida di un popolo in cammino verso la libertà. Come facciamo a dire che la religione islamica sia sotto scacco? Come facciamo a riconoscere il vero dal falso nei proclami di un imam? Il giornalista, l’inviato, il diplomatico, il ministro, il volontario, sono chiamati a studiare, nelle opportune sedi, ad approfondire la questione per saper decodificare l’elemento religioso radicato nella cultura, nelle scelte di vita del cittadino, del combattente, della donna e degli uomini di ogni età presenti in quel territorio. 

L’Afghanistan è un monito a non sottovalutare le richieste di coloro che sognano l’esclusione dello studio critico delle culture e delle religioni in ambito pubblico per privatizzarne il messaggio, o ancor peggio alterarlo, seminando odio nella mente dei distratti (se non ignoranti) lettori (ricordiamo anche il fenomeno de “Il Codice Da Vinci” di Dan Brown).

Il talebano si erge a simbolo dell’ignoranza e chiede alla moltitudine di essere sottomessa, asservita, indefinita merce di consumo o di scambio. In questo, il talebano, dimostra di essere perfettamente compatibile con la struttura del pensiero “economico” occidentale (ed è forse il frutto inconsapevole di quella cultura dello scarto e dell’indifferenza) tanto da ritrovarsi, con strumenti diversi, a muovere la stessa battaglia sulla idea di Scuola.

Ecco perché continuo a chiedermi: abbiamo davvero bisogno di comportarci come “talebani” quando parliamo di Scuola pubblica italiana?

Salvatore Paduano
salvatorepaduano82@gmail.com | + posts

Attualmente insegna IRC nelle scuole secondarie a Roma, collabora con l'equipe pastorale di Porto Santa Rufina per la formazione e la catechesi. Già baccelliere in teologia presso la PFTIM San Tommaso, ha approfondito gli studi di licenza in cristologia dogmatica. Dottore in Lettere e filologia moderna, è coautore di un saggio sul pensiero teologico e politico su Lutero, Calvino e Zwingl

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